Mumford & Sons - THE ROAD TO RED ROCKS - la recensione

Recensione del 03 dic 2012 a cura di Alfredo Marziano

Voto 7/10
Variabile folk e impazzita della British Invasion che ha ripreso a fare sfracelli negli Stati Uniti (a tutto campo, dall'adult pop di Adele al teen pop degli One Direction ), i
Mumford & Sons hanno conquistato l'America senza trucchi e senza inganni, con la sola forza di un incontenibile entusiasmo giovanile e di una musica che incita alla partecipazione collettiva. Superstar improbabili, come tutti gli artisti mainstream hanno già iniziato a dividere pubblico e critica: freschi, energici, irresistibili secondo i sempre più numerosi (e giovanissimi) supporter; ripetitivi, prevedibili e a rischio di inaridimento creativo precoce secondo i detrattori. La realtà forse è più sfumata, ma bisogna concedere ai quattro ragazzi londinesi la chance di giocarsi altre carte in futuro, e intanto riconoscerne la salutare spontaneità e il dato incontestabile che dal vivo sono una forza della natura.

La conferma puntuale, nel momento in cui l'industria cerca di sfruttare la loro popolarità ascendente, arriva con questo Dvd/Blu-Ray - disponibile anche come Dvd+Cd audio in una edizione speciale del recente album "Babel", e dal 10 dicembre in un Super Box contenente l'edizione deluxe di "Babel", la versione audio in vinile del concerto e un libro di 96 pagine - filmato impeccabilmente nella più suggestiva e scenografica arena del mondo, l'anfiteatro naturale e roccioso di Morrison (Colorado) che ha fatto da sfondo a esibizioni storiche di Beatles (nel 1964) e Jimi Hendrix, di Grateful Dead e Neil Young, di U2 (documentata da un celebre video di metà anni '80) e Dave Matthews, la cui voce roca già in molti paragonano a quella di Marcus Mumford. I corpi e le braccia che nei bis ondeggiano con gioia irrefrenabile sui ritmi trascinanti di "I will wait", primo singolo di "Babel", e "The cave", pezzo forte di "Sigh no more", raccontano inequivocabilmente della loro capacità di incantare e coinvolgere platee sempre più numerose con giusto qualche suggestivo gioco di luce, un ricorso moderato all'elettricità (le chitarre elettriche di "Below my feet" e "Dust bowl dance") e un gruzzolo di ingredienti vecchi come il mondo: sudore, dinamismo, passione, intensità, ritmo e melodia giocati con belle armonizzazioni vocali e un numero ridotto di strumenti "poveri", chitarre, contrabbasso, grancassa, tastiere vintage, il banjo di Winston Marshall (uno dei tratti distintivi della loro musica) e l'apporto saltuario di un violino, due trombe e un trombone.


Sul palco sprizzano energia da tutti i pori (soprattutto il tastierista Ben Lovett, un folletto indemoniato che durante l'esecuzione di "Roll away your stone" sale sul pianoforte) e intrigano con il loro gioco di "sedie musicali" e scambi strumentali (Mumford siede alla batteria per "Lover of the light", già un inno; il contrabbassista Ted Dwane lo rimpiazza per "Thistle & weeds"), lo schieramento compatto e d'attacco sul fronte del palco, l'impeto epico di "Little lion man" (che accende i primi salti e i primi balli dopo l'introduzione d'atmosfera di "Lovers eyes") e di "Awake my soul" (ospiti i Dawes), i crescendo già diventati un marchio di fabbrica e i momenti di requie come "Ghosts that we knew" che il pubblico ascolta assorto e in silenzio.

L'ora e mezza scarsa di concerto attinge in parti esattamente uguali ai due album finora pubblicati e lo show di Red Rocks (roba recente, il 29 agosto scorso) è il fulcro e l'epilogo di un diario americano condito di rapide riprese in esterni e dal tour bus, frammenti di interviste radiofoniche, tappe a Hoboken, Portland (Maine) e Monterey e incontri con altri artisti del giro "alternativo" come Gogol Bordello, Haim e Simone Felice. Sembrano sinceramente frastornati e inebriati da quanto gli sta accadendo, i quattro, giurano di non sentirsi una band da stadio e spiegano chiaramente il loro modo di affrontare le cose in uno degli spezzoni di intervista (tradotti anche in italiano) inclusi del Dvd: lui e il suo gruppo, racconta Marcus, vivono nel momento, dimenticandosi in fretta del passato e senza pensare troppo a quel che gli riserverà il futuro.

Vai alle recensioni di Rockol

rockol.it

Rockol.com s.r.l. - P.IVA: 12954150152
© 2025 Riproduzione riservata. Rockol.com S.r.l.
Privacy policy

Rock Online Italia è una testata registrata presso il Tribunale di Milano: Aut. n° 33 del 22 gennaio 1996