And You Will Know Us By The Trail of Dead - LOST SONGS - la recensione

Recensione del 22 ott 2012 a cura di Andrea Valentini

Voto 8/10
Giù il cappello, sguardo basso e rubinetto dell’umiltà ben aperto, a farne sgorgare un bel fiotto costante. Questa è la postura consigliata di fronte a un disco così, che ci riconsegna una grande band in forma e con un tiro da levare il fiato. Non che gli
…And You Will Know Us By The Trail Of Dead (per gli amici Trail Of Dead) si fossero persi nel corso degli album precedenti, mostrando piuttosto sfaccettature e volontà di sperimentazione che in generale avevano ammorbidito il loro impatto. Con “Lost songs”, invece, tornano a picchiare duro come nell’epocale “Worlds apart” del 2005, un disco che miscelava una vena indie/college rock statunitense a un piglio post hardcore di derivazione washingtoniana, tipica di molte band Dischord fiorite a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta (e citerò i Fugazi solo per comodità, visto che in realtà il primo nome che mi sovviene è quello molto più esoterico dei Three, autori di un capolavoro misconosciuto intitolato “Dark days coming”).



Per l'ottavo lavoro in studio la band texana sceglie di incidere nel Vecchio Mondo, ossia agli Horus Sound Studios di Hannover, e dichiara che l’ispirazione che guida l’intero disco è intellettuale e variegata: Cure, KARP, Ros Sereysothea, Human League e Hildegard von Bingen; mentre attitudinalmente “Lost songs” sarebbe l’espressione del rifiuto del sentimento di “apatia verso gli eventi del mondo che piaga la scena della musica indipendente ormai da più di un decennio”, con una dedica speciale al movimento delle Pussy Riot russe.

Una dichiarazione d’intenti piuttosto pesante che, con un colpo di scena da manuale di drammaturgia, sfocia in un disco godibilissimo che mescola melodie non scontate, ma contagiose, a vere e proprie mazzate di energia. E se il desiderio della band era quello di scuotere coscienze e far circolare il sangue più veloce in vene e arterie, be’, sembra che l’obiettivo sia stato centrato piuttosto bene. Altro che Human League, la benedettina von Bingen e la cantante pop cambogiana Ros Sereysothea…
Certo, i Trail Of Dead non hanno riservato sorprese, né estraggono conigli bianchi dal cilindro (o dal bandanna, se vogliamo essere pignoli), ma qui fanno al top ciò che meglio sanno fare: hardcore evoluto e progressive, a forte densità di chitarre e con ritmiche nervose, frenetiche, a tratti asfissianti.




Niente brani maestosi e orchestrati, zero raffinata tortuosità nel songwriting: i Trail Of Dead del 2012 sono forse i più punk e politicizzati che abbiamo mai ascoltato, cowboy metropolitani con gli anfibi ai piedi, che cavalcano chitarre e fanno falò con le batterie. Senza dimenticare un filo di poesia contemporanea.

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