Il primo album intero degli Off!, che segue una manciata di singoli esaltanti (raccolti in un disco intitolato "The first four eps", uscito su Vice nel 2010), mantiene e forse supera anche le più rosee premesse di quanto ascoltato in precedenza dalla band. La base di partenza è un solido punk hardcore seminale rabbioso, ma non esente da melodia (come si faceva solo in California a fine anni Settanta/primi Ottanta), sostenuto da un songwriting schizoide, in cui i riff cambiano all'improvviso e in continuazione. In pratica... alla faccia dello stereotipo dell'hardcore come genere monocorde e ripetitivo: provate a imparare a suonare un pezzo degli Off! e vi accorgerete sul campo di quanto siano sfaccettati e articolati; il tutto, però è compresso in sfuriate che variano dai 45 secondi al minuto scarso di durata.
Tutto questo ben di Dio non nasce in modo casuale, come i più arguti avranno già intuito. Il pedigree dei quattro Off! è stellare, se avete anche una conoscenza marginale del punk statunitense degli ultimi 30 anni; iniziamo con il cantante Keith Morris, membro fondatore degli immensi Black Flag, nonché membro fondatore (ancora, sì) dei Circle Jerks: solo per la sua presenza il disco dovrebbe essere garantito a scatola chiusa. Poi abbiamo Steven McDonald, bassista dei seminali Redd Kross (attivi fin dal 1980 e ancora in pista, prossimamente con un nuovo album); Mario Rubalcaba, ex skater professionista, nonché batterista dei Rocket From the Crypt e di mille altre band tra cui Hot Snakes, Earthless, Sultans, Black Heart Procession e Pinback; infine c'è la macchina da riff Dimitri Coats, chitarrista e cantante dei Burning Brides, ma anche produttore e attore.
Ciò che scaturisce da questa alleanza di pesi massimi è un album abrasivo e indimenticabile - nel bene e nel male. Nel senso che anche se il concetto di hardcore vi è quanto di più alieno al mondo, se vorrete farvi un'idea di come il genere suoni, se fatto con tutti i sacri crismi, potrete ascoltare questo "Off!" senza timore di sbagliare; poi starà a voi decidere se tutta questa rabbia, amarezza, velocità, urgenza e anarchia che viaggia in forma di schegge sonore impazzite è roba che potete reggere o meno. Questo è semplicemente un distillato di bile e reazioni animalesche: in ogni brano, nel giro di un minuto o meno, potete "sentire" la frenesia della metropoli, la nevrosi di chi lotta e torna sempre al punto di partenza con le ossa rotte, la follia del sogno americano andato a male, il rimpianto furioso per le occasioni perdute... non cercate positività in questi messaggi: sono vere e proprie esplosioni, botti dell'anima per far scendere la pressione quando il disastro è imminente. E non state a sentire le malelingue che dicono che i "vecchi" non possono suonare l'hardcore in modo credibile; loro l'hanno inventata questa roba e - fino a prova contraria - la fanno ancora meglio di tutti gli altri.