Cibo Matto - STEREOTYPE A - la recensione

Recensione del 11 giu 1999

“Oggi i ragazzi non amano sentire una cosa alla volta”. La pensa così Miho Hatori, insieme a Yuka responsabile di Cibo Matto. Pensa che giocare con l’eclettismo sia il modo migliore per essere credibile, per essere ascoltata e allo stesso tempo divertirsi, ma soprattutto per andare oltre ogni tipo di stereotipo musicale possibile. Le carte da giocare, a giudicare dalle frequentazioni di Yuka e Miho, potrebbero essere quelle giuste per arrivare a questo scopo. Miho è del giro dei Beastie Boys (con cui ha cantato in “Hello nasty”). Ha coinvolto in “Stereotype A” gente del calibro di Caetano Veloso (e in questo si dimostra in linea con l’ultima ossessione di Beck, il così detto “tropicalia movement” di cui ha parlato in un recente servizio Raygun), Arto Lindsay, The Automator (già produttore di Kool Keith in Dr. Octagon). Yuka invece è la ragazza di Sean Lennon (compare anche lui tra i credits di questo album), oltre che amica di Seb Steinberg (il bassista di Soul Coghing, che suona infatti in “The lint of love”). Insomma, Miho e Yuka fanno parte del giro più “cool” di New York City. Ma tutte queste collaborazioni confluite in “Sterotype A” non sono state sufficienti né per scrivere buone canzoni né per reinventare quel piatto gustoso di “cibo matto” che era stato il loro disco d’esordio (“Viva La Woman”), né tanto meno per andare oltre quegli “stereotipi” che vorrebbero evitare. Già, perché il “cibo matto” a cui ci avevano abituato Miho e Yuka sembra andato a male, sembra più che una portata alettante un pastone in cui le spezie (jazz, funk, soul, hip hop) sono state affogate nel mieloso e zuccheroso incedere del pop e dell’easy listening oltre che da virate di indubbio gusto nel kitsch pop (rappresentato dalle tastiere vintage, la grande passione dei Beasties). Con questo piatto indigesto oltre tutto ci fanno venire in mente la Bjork meno ispirata (stereotipo numero 1di femme fatale androgina, toccato in “”Speechless”), gli odiosi Dubstar (stereotipo numero 2 di popstar sognante e indifesa), le Spice Girls (sì, proprio il loro spettro sembra aleggiare in “Moonchild”). Ma non è tutto. Le scopriamo a “rappare” senza alcuna cognizione di causa nell’imbarazzante “Sunday Pt 1”, a trastullarsi con il metal alla Rage Against The Machine (altro stereotipo in cui si impantana Cibo Matto) e soprattutto a fare il verso, senza purtroppo riuscirci, ai ben più divertenti Cardigans. Un piatto veramente da cancellare dal vostro menù.

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