Ute Lemper - NUITS ÉTRANGES - la recensione

Recensione del 15 apr 1998

Il nome di Ute Lemper era arrivato in Italia sulla scia di una serie di spettacoli e di album da lei fatti che la vedevano interpretare e rende omaggio alla canzone tedesca di Kurt Weill e Bertold Brecht: la prima conseguenza di un siffatto approccio era che in Italia Ute Lemper è diventata subito sinonimo di Milva (un’affinità estesa anche all’età...), e anche pallosa come la pantera di Goro. In realtà il tentativo di affermarsi anche come un’artista dai connotati più ‘pop’ da parte della Lemper viene affermato da questo album che presenta delle inaspettate sfumature dance per non dire acid jazz. 12 brani, molti dei quali hanno testi scritti dalla stessa Lemper, che mettono in mostra una voglia di leggerezza che non può non fare piacere. Tedesca, sposata ad un americano e residente a Parigi, la Lemper sintetizza egregiamente le tre culture all’interno del suo lavoro, condendolo però con un po’ di retorica nei testi che manca di credibilità. Un testo su Tien An Men, un ritratto pessimista e accorato del secolo al tramonto, cinico e capitalista, qualche canzone d’amore. Detto che ognuno è libero di cantare ciò che vuole, la Lemper nei panni di un "working class hero" non convince. Che sia ancora colpa di Milva?

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