A curare “Immortal” è stato chiamato Kevin Antunes, già produttore di Justin Timberlake e qua accreditato come “musical designer”. Antunes ha rielaborato i materiali originali delle canzoni di Michael Jackson – la produzione è stata fatta in collaborazione con l’avallo della famiglia Jackson – producendo un totale di circa 60 canzoni per lo spettacolo. 20 sono nell’edizione singolo CD, 27 in quella doppia.
Il risultato è, con le inevitabili differenze, molto simile a “Love”. Un megamix in cui le canzoni di Jackson vengono shakerate, con suoni e sfumature che si spostano dall’una all’altra, rispettando sia la provenienza sia la destinazione. Non è un mash-up radicale come quelli che vengono fatti in rete, ma è percettibile: in alcuni punti di più, in altri di meno.
Il risultato è un disco che può essere letto da due punti di vista. Per la maggior parte degli ascoltatori “Immortal” è una sorta di “Best Of” particolare: ci sono tutte le canzoni che ci devono essere, tutte le canzoni che uno si aspetta, dai Jackson 5 in poi – e anche qualcosa di più (vedete la tracklist in fondo). Per i fan è una miniera di sorprese: chi conosce bene le canzoni non farà fatica ad individuare l’effetto caleidoscopio delle nuove canzoni, in cui altri suoni arrivano a colorare melodie e strutture già conosciute. Funziona? Si, funziona. Più che un vero e proprio mash-up, “Immortal” è un remix di altissimo livello, fatto lavorando direttamente sulla materia prima delle canzoni, che sono dei classici. Toccare dei monumenti del pop è sempre rischioso, certe volte forse sarebbe meglio lasciar stare. Ma questa volta, così come in “Love”, il risultato è contemporaneamente rispettoso e originale.