L'occasione per tornare a parlare di questo album è doppiamente ghiotta visto l'imminente live alla BBC (previsto per il 1 luglio) e l'arrivo nella casella postale di chi scrive della ricca edizione “Newspaper” contenente due LP trasparenti, il CD, una sorta di quadrato di francobolli staccabili con l'icone grafiche scelte per questo nuovo prodotto discografico e il misterioso newspaper di oltre trenta pagine, il tutto realizzato con materiali bio o di riciclo nel pieno rispetto dei valori ecologisti della band.
L'ascolto ripetuto di “King of limbs” ci ha permesso di sentire meno il distacco da un disco che rappresenta un vero “salto” nel percorso artistico dei Radiohead:,un cambiamento ancora più drastico di quello avvenuto nel passaggio tra “OK Computer” e “Kid A”: in questo caso, infatti, siamo passati dal prodotto di una band nella sua formazione classica (“In rainbows”), al suo totale annullamento.
In questo nuovo lavoro non si percepiscono più i contorni dei singoli componenti, ma solamente un unico corpo sonoro che suona e canta: se non ci fossero le foto inserite nel giornale a testimoniarlo si potrebbe teorizzare di trovarsi ad ascoltare il secondo disco solista di Thom Yorke, una specie di seguito di “The eraser”.
La verità è invece un'altra, “Il Re delle braccia” ( e non “dei limbi” come ha malamente tradotto un celebre giornalista) non è solo il nomignolo del grande albero situato vicino allo studio dei Radiohead, ma è la metafora perfetta per descrivere il nuovo aspetto di questa band: non più l'unione di tante menti, ma la fusione totale in unico tronco creativo con tanti rami/braccia quanti ne servono per raggiungere qualsiasi strumento.
A rappresentare ancora meglio questa metafora sono le immagini dipinte da Yorke e Stanley Donwood (che per l'occasione si firmano come Zachariah Wildwood e Donald Twain): alberi disegnati in tutti i modi e colori che si stagliano a difesa di migliaia di occhi dipinti in ogni quadro: l'ergersi a forma di albero diventa così per i Radiohead, quasi una sorta di protezione dal mondo esterno, un modo per preservare e mantenere intatto la propria arte.
Il giornale che troviamo allegato è un prolungamento visivo delle canzoni e presenta molti dettagli dell'influsso naturalistico di questo disco: partendo dal titolo (un sospiro/lamento universale), alle parole che seguono il nome della band (pangaea/terra, sprite/fulmine, hob/spirito, panthalassa/acqua o oceano, game/gioco e fauna): parole che richiamano tanto la natura quanto le essenze primordiali della terra.
Il giornale ricorda la grafica del “booklet segreto” di Kid A, testi di canzoni presenti e (forse) future, racconti scritti nello stile visionario e sottilmente inquietante a cui ci ha abituato Yorke e mille indizi messi (anche con inaspettata ironia) apposta a confondere continuamente la lettura. Il contributo essenziale però è quello visivo che restituisce umanità e profondità ad un disco che, d'impatto sembrava fin troppo algido e distante. I nuovi Radiohead, coerenti con le proprie pulsioni artistiche e i loro ascolti, hanno realizzato un disco che non si guarda alle spalle, ma si spinge lontano sfidando gli artisti che secondo loro stanno scrivendo quella che, per loro, è la migliore musica contemporanea. Risulta facile citare Flying Lotus (il suo Cosmogramma è stato incensato più volte dai cinque di Oxford), ma basta scorrersi le “office chart” stilate settimanalmente sul loro sito per capire che questo album rappresenta a pieno una band che ama la musica e non smette mai cercare cose nuove con cui ispirarsi e rigenerarsi.
Ed è con il medesimo atteggiamento che dobbiamo ascoltare “King of limbs”, aspettandoci qualcosa sempre di diverso del passato che, per quanto distante e refrattario, diverrà, col tempo, parte di noi stessi.