Samael - LUX MUNDI - la recensione

Recensione del 09 mag 2011 a cura di Andrea Valentini

Voto 7/10
Nino Castelnuovo, nella pubblicità di un noto olio di semi dei primi anni Ottanta, era immortalato nell'atto di saltare una staccionata con una mossa atletica, mentre una voce fuori campo scandiva un claim ruffianissimo che recitava: "40 anni e non sentirli". Ebbene, nel caso degli svizzeri
Samael non sfigurerebbe un bel "10 album e non sentirli", nell'improbabile eventualità che dovessero mai divenire testimonial di un olio in lattina per insalatari con complessi di colpa da caloria di troppo.
"Lux mundi" è un signor album di post black metal che - in pura modalità di sintesi dialettica hegeliana - metabolizza, ingloba e supera il passato recente e non della band. Quello che ne scaturisce è un disco non esasperatamente violento come il predecessore (che era quasi fine a se stesso nel voler essere a ogni costo puro caos), né un lavoro troppo elettronico e sperimentale. Piuttosto siamo di fronte a un lp compatto, maturo, ma soprattutto evocativo e maligno. I colori della tavolozza sono il black (quello delle origini, ma anche il melodic), frammenti electro, un po' di thrash e l'incedere macilento del doom. Le sfumature sono date dal cantato sempre demoniaco (quasi da alieno bisognoso di un esorcismo) di Vorphalack e da una coltre pesante, gelida e letale di tastiere.
La melodia non manca mai, ma è affannosa, quasi infetta - e costantemente a rischio di essere strangolata da qualche passaggio mortifero alla Celtic Frost (tanto per restare in terra di cioccolatini, orologi a cucù e mucche da latte), o da un ringhio del buon vecchio Vorph. E' questa dinamica che, fondamentalmente, rende appetibile una formula altrimenti standard e abusata: la costante sensazione di minaccia incombente trasforma sonorità, immagini e concetti acquisiti in oscuri sentieri che nascondono pericoli che è meglio non conoscere.

I Samael, quindi, hanno smentito i loro detrattori, che già li avevano seppelliti nel campo della banalità dopo l'ultima prova; si ripresentano - tra l'altro dopo un periodo turbolento, che quasi li ha portati allo scioglimento - in forma e armati di quella che potrebbe essere una nuova consapevolezza. Una volta la chiamavano maturazione, ma per una band in giro da 24 anni qualcuno s'è azzardato a parlare di ringiovanimento. Chissà...
Se attendevate il degno successore di "Passage", probabilmente potete ritenervi soddisfatti: "Lux mundi" regge alla grande il confronto. Quello che gli manca è la decantazione che solo il tempo può portare.

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