Exodus - EXHIBIT B: THE HUMAN CONDITION - la recensione

Recensione del 31 mag 2010 a cura di Andrea Valentini

La filosofia spicciola, quella da coda all'ufficio postale, non sempre è da buttare. Ad esempio ti insegna che, crescendo, spesso si imparano le cose sbattendoci contro ripetutamente - e tuo malgrado. Una delle più dolenti da assimilare è che i momenti magici passano e non ritornano: nella migliore delle ipotesi si possono riprodurre in una copia un po' tarocca e sbiadita, che lascia sempre una sensazione tipo "Sì, bello, però l'altra volta...".

Questa perla è un po' il succo di "Exhibit b: the human condition", ultima fatica di una band veterana del Bay Area thrash, che contribuì a forgiare questo suono quasi 30 anni orsono.
Non fraintendiamoci: siamo di fronte a un disco davvero più che dignitoso, tradizionale, ma con qualche tocco di modernità nella produzione. Proprio quest'ultimo ingrediente moderno è l'arma a doppio taglio che gli Exodus maneggiano con una certa padronanza, ma non senza qualche incidente; più che altro perché nell'immaginario - soprattutto quello dei fan di vecchia data che si avvicinano agli "anta" o li hanno appena superati - il gruppo di Gary Holt è irrimediabilmente saldato a quella lastra d'acciaio grezzo che fu "Bonded by blood" del 1985, con la sua irruenza incontenibile, la sua furia fumigante e quel quoziente di follia imprevedibile che l'età sembra avere portato via agli Exodus.
Eppure è innegabile che nel 2010 un disco come questo ha una valenza non trascurabile, in quanto recupera con una certa fedeltà (e sarebbe grave se così non fosse) gli stilemi più esaltanti di un sottogenere che ha resistito meno degli altri al trascorrere degli anni. Quindi ben vengano le cavalcate speed & thrash di "Beyond the pale" e della spaccaossa "Burn, Hollywood, burn", tanto per citare due soli esempi.

Gli Exodus del 2010, dunque, si presentano come un'unità compatta, tecnica, lucida, tradizionale e contemporanea allo stesso tempo; ci fanno anche intravedere la magia del sound Bay Area primordiale - a sprazzi - e sono in grado di convincere in maniera più che sufficiente tanto i thrasher della vecchia guardia, quanto i più giovani, famelici e assetati di sonorità estreme. E' giusto, per tutto questo, tributare alla band il giusto onore, pur nella consapevolezza del fatto che "Exhibit b: the human condition" non cambierà la storia del metal attuale e che, ai concerti, saremo tutti lì a chieder - a gran voce - "Metal command", "Bonded by blood" e "Lesson in violence", piuttosto che un brano di questo lavoro. O di quelli che l'hanno preceduto dal 1987 a oggi. Perché, come si diceva, i momenti magici passano e non ritornano.

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