Q-Tip - KAMAAL THE ABSTRACT - la recensione

Recensione del 24 ott 2009 a cura di Alessandra Zacchino

Dopo l’uscita nel 1999 del suo album d’esordio come solista “Amplified”, Q-Tip si è messo al lavoro su un progetto musicale molto ambizioso: portare il connubio tra jazz e hip hop, già ampiamente sperimentato dai suoi A Tribe Called Quest, ad un livello superiore. Il livello era talmente alto e sperimentale che all’Arista Records non sapevano cosa farsene. Mancava di quell’appeal commerciale che, secondo i discografici, è essenziale per piazzare un album sul mercato.

Così, “Kamaal the abstract” è rimasto in stand-by ad accumulare polvere negli ultimi otto anni, mentre Q-Tip cercava di trovare una label in grado d’assecondare le sue visioni creative. Nel 2008, è uscito "The reinassance" per la Motown/Universal, ma quelle poche copie promozionali circolate di “Abstract” sono state in grado di creare un mito e accrescere le aspettative su questo album mai uscito. Finalmente è arrivato il momento tanto atteso e “Kamaal the abstract” è stato pubblicato. Molti cominciavano a pensare che fosse solo una montatura pubblicitaria e che il disco non esistesse nemmeno. Invece eccolo qua.
Ascoltandolo si riescono a comprendere gli antichi timori dei discografici, perché Q-Tip, confermandosi un pioniere, aveva dato libero sfogo alla sperimentazione, senza badare alle regole di mercato e percorrendo una strada tutta in salita. Forse avrebbe dovuto fare come gli Outkast che nel 2003 pubblicarono l’altrettanto alternativo "Speakerboxxx/The love below" ,riuscendo però a trovare il giusto compromesso per fare contenti pubblico e critica, discografici e dischi di platino.
“Kamaal the abstract” si apre con “Feelin’” con il suo incedere ipnotico negli ultimi minuti che ci catapulta nella successiva “Do you dig u?”, con l’ammaliante flauto di Gary Thomas ed un arrangiamento vocale alla Prince. C’è poi la neo-soul “Blue girl” con il suo finale a sorpresa, l’autorevole Kenny Garrett in “Abstractionisms”, un potenziale singolo nella canzone “Even if it is so” e la deliziosa bonus track, “Make it work”. Q-Tip canta più di quanto ‘rappa’, dà respiro agli arrangiamenti e ci regala un album riveduto e aggiornato dal punto di vista sonoro, ma intatto nel suo iniziale concepimento.

A otto anni di distanza dalla sua forgiatura, l’eclettico “Kamaal the abstract” non è certo diventato più accessibile o adatto a tutte le orecchie e forse tutta questa attesa ne ha aumentato il valore. Un tesoro sepolto per anni che riaffiora oggi in uno scenario desolante di imperante auto-tune e hip hop intriso di dance che ci riporta ai tempi di Snap e Technotronic. Q-Tip tira fuori finalmente l’asso nella manica per confortarci e per ricordarci che c’è ancora spazio per la speranza. Valeva la pena aspettare!

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