La vera caratteristica di Ermal però non sta nel doppio passaporto – convenzione che tendenzialmente si distingue per complicare i rapporti tra le genti e che nella musica non ha alcun valore – ma nel possedere una voce che sale e scende lo spartito con irrisoria facilità e che viene, forse con la faciloneria propria delle semplificazioni (che però, come i proverbi, hanno sempre un fondo di vero), paragonata a quella del corregionale Giuliano Sangiorgi, il leader dei Negramaro . Detto del cantante, il gruppo, invece, si caratterizza per riuscire – con la sua musica, of course - ad insinuarsi nei pensieri dell’ascoltatore e indurlo a chiedersi “bello questo pezzo, di chi è ?”. Una caratteristica non da poco perché chi fa questo lavoro ha quale obiettivo il farsi ascoltare ed apprezzare da quanta più gente possibile.
“La fame di Camilla” riesce in questo intento e ci riesce proponendo un pop molto gradevole e moderno, un pop che vola oltre i confini di casa nostra per misurarsi con l’Europa accompagnato da testi assolutamente funzionali e di buona valenza cantautorale prediligendo l’introspezione, la pace e la tranquillità al guaito fine a se stesso.
“Storia di una favola”, il singolo scelto come ariete per la rotazione radiofonica, come direbbero in un noto talent show televisivo “arriva” e colpisce nel segno, un buon manifesto delle capacità della band. Ma potenziali singoli sono pure la lineare “Globuli” impreziosita dal gradevole suono del theremin che lega tra loro voce e musica e “Quello di cui non parli mai” l’ennesima storia dell’involuzione di un rapporto ma interpretata con grande intensità. E’ piacevole, poi, lasciarsi cullare dalla dolce e delicata ballata “Nuvole di miele”. Non poteva mancare l’omaggio di Ermal alle proprie radici: prima con “28-03-1997”, una data marchiata a fuoco sulla pelle di tutto il popolo albanese, una delle pagine meno gloriose della nostra storia recente. La data in cui cento persone stipate su una carretta del mare morirono cercando di raggiungere le nostre coste speronate da una nave militare italiana. Poi, in chiusura, con la lieve “Ne doren tende” (in italiano Sul palmo della tua mano), un canto d’amore sussurrato come fosse una preghiera a luci spente.
In definitiva un buon esordio per La Fame di Camilla, non un capolavoro ma una raccolta di canzoni che contengono tutto il talento, le speranze, le esperienze di una giovane band e che si fa ascoltare sino in fondo.
(Paolo Panzeri)