“Music for fun”, a prima vista, e dieci canzoni quasi sempre a passo spedito, senza starci troppo a pensare. Con il jingle jangle di Buck sempre in bella evidenza (la title track, la squillante e semiacustica “Intricate thing”), e tante belle voci ad armonizzare di contorno: Colin Meloy dei Decemberists, Sean Nelson degli Harvey Danger, la gallese Lianne Francis, il Morris Windsor reduce dalle campagne anni Settanta e Ottanta con Soft Boys ed Egyptians. Il chitarrista dei R.E.M. mette anche la firma nel pezzo più luccicante della collezione: un folk rock ipnotico e penetrante che apre la seconda facciata virtuale del disco e che di nome fa “Sixteen years”, arpeggio di chitarra in stile Davy Graham e Bert Jansch e armonica lancinante, un suono transatlantico coerente con il percorso di un album registrato tra Londra, Seattle e Tucson. Da sola, vale il disco. Il resto viaggia a buona velocità di crociera, fluido e leggero ma non superficiale, e peccato che nel sottile libretto decorato dai surreali disegnini di Robyn non ci sia posto per i testi (brutta abitudine sempre più diffusa, quella di ometterli dalla confezione dei cd). “Up to our nex”, uno degli episodi più vivaci con qualche retrogusto ska/caraibico, è piaciuto così tanto all’amico Jonathan Demme che il regista ha deciso di includerlo nella colonna sonora di “Rachel sta per sposarsi”, il suo ultimo film con Anna Hathaway e Debra Winger protagoniste e in cui Hitchcock si ritaglia un fuggevole cameo. Lì è la sezione fiati a spargere un pizzico di pepe sulla pietanza, mentre un sax e una spolverata d’archi conferiscono a “TLC” un sapore nostalgico da balera anni Cinquanta. Tutto qui: canzoni lineari ma brillanti, lievi e scanzonate. Non aspettatevi miracoli, non è più tempo e in fondo a “Goodnight Oslo” manca lo spessore arguto di un disco come “Spooked”, affascinante e spettrale operina acustica confezionata qualche anno fa in compagnia di altri amici americani, Gillian Welch e David Rawlings. Lo sa anche Hitchcock che certe ambizioni giovanili sono destinate a non realizzarsi (“le mie”, ha detto una volta, “erano viaggiare nel tempo, guarire gli ammalati e levitare”). E che incrociare penna, voce e chitarra con altri musicisti (ultimamente ha suonato con Ryiuchi Sakamoto, scritto canzoni con KT Tunstall) è un bel modo per uscire dalla crisi di mezza età e dalla routine ripetitiva. Ma allora che aspetta a tirar fuori dal cassetto le altre canzoni che ha scritto con Andy Partridge degli Xtc, eccentrico e very British quanto lui?
(Alfredo Marziano)