Blitzen Trapper - FURR - la recensione

Recensione del 13 nov 2008 a cura di Davide Poliani

Se dare una nuova direzione alla roots music americana sembra essere la missione principale di schiere (ingrossatesi in maniera abnorme negli ultimi 3/4 anni, occorre specificare, e non solo negli USA) di artisti più o meno giovani e più o meno indie, e se questo affollamento sui sentieri del country, del folk e del blues sta iniziando a piegare, più che sul recupero e sul rinnovamento della tradizione, sul manierismo puro e semplice di chi - molto più spesso di quanto si pensi - non ha un accidente da dire, i Blitzen Trapper da Portland, Oregon (e da dove, sennò?) rappresentano se non altro un gradevole e sincero diversivo. Giunto con "Furr" alla quarta prova sulla lunga distanza, i sestetto accasatosi alla Sub Pop riesce a tenere un atteggiamento sufficientemente sfrontato nei confronti dei canoni del genere senza tuttavia (auto)indulgere nella sperimentazione celebrale, cervellotica e fine a sé stessa. Giocando con arrangiamenti e strutture con la stessa geniale ingenuità che fece dell'atteggiamento dei Pavement un caposaldo di una certa scena americana e non solo, i Blitzen Trapper riescono a concentrare nelle tredici tracce di "Furr" approssimazione
diy , epica west coast alla Creedence e robusti innesti chitarristici con la genuinità ed la spontaneità propria di chi - questi elementi - li ha vissuti ancora prima che amati: calibrando con grande sensibilità gli equilibri interni ad ogni brano, i nostri evitano il classico pout pourri che fa scrivere ai critici che un disco è "eclettico" quando alla terza canzone è già a prendere polvere sullo scaffale più alto perché "con tutte quelle robe rompe le palle", riuscendo sempre e comunque a tenere il filo del discorso. Merito, senza dubbio, di una capacità di scrittura sicuramente superiore alla media, che eleva i Blitzen dalla media (e dalla mediocrità) dei tanti omologhi: non che certe ballate si discostino più di tanto dalle guide tracciate da colossi come Young e Dylan, certo, ma una discreta personalità che trascende atteggiamento, genere e immagine tra le note di "Furr" di percepisce, innegabilmente. Ed è forse questo ad allontanare l'idea che - alla fine - non si tratti altro che di un raffinato e perfettamente architettato esercizio di stile, pronto a far sbavare addetti ai lavori, blogger e podcaster ma a non incidere minimamente su quella roots music oggi più viva e sentita che mai.

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