Probabilmente oggi Paolo ha imparato a non disperarsi per questo, anzi forse è stata anche una precisa scelta di autonomia, libertà e passione. Quella che manca a molti.
Dopo aver accarezzato i grandi palcoscenici con gli Scisma, aver scelto una strada solista concretizzatasi con l'album "Piccoli fragilissimi film" del 2004 ed aver lavorato come produttore in diversi progetti (ad esempio Marti e Perturbazione), il musicista bresciano (toscano d'adozione) torna con un nuovo disco. In realtà già pochi mesi or sono aveva deciso di dare alle stampe "14-19" un EP di quattro brani inediti (più una cover) che aveva fatto intravedere suoni e parole molto più diretti, concreti e decisi rispetto alle precedenti produzioni.
"Le labbra" esce poco prima della grande invasione sanremese, periodo nel quale la musica italiana guarda solo alla città ligure. Forse Paolo Benvegnù oggi è uno degli esempi più azzeccati di musica d'autore in Italia, dove con questo termine non si intendano brani che parlano forzatamente di problemi sociali, bensì semplicemente belle canzoni. Il disco si apre con “La schiena” ed è subito una fitta al cuore, senza fronzoli: la sola voce di Paolo ed un crescendo di chitarre e archi esplodono in un testo diretto, emozionante e probabilmente autobiografico (“Respira, guarda il cielo, guarda le stagioni passare, prendi posizione, viaggia, ricerca la tua parte migliore/ Non hai nemmeno un mito da venerare, quattro soldi per andare al mare di notte a immaginare, nuotare”).
“Le labbra” è un lavoro completo, un “libro” nel quale si parla d’amore, di rapporti tra le persone e con sé stessi, un volume da cui è difficile selezionare pagine da estrapolare e portare come esempio. A parte il già citato episodio d’apertura si innalzano l’oscuro cambio di tempo rock-jazz de “La peste” (“Non c’è nessun confine che divida e illumini la freccia e il suo bersaglio/Potrai dividere il mio corpo in parti uguali in un istante”), l’eterea “Il nemico” (“Non sento quest’ansia di arrivare sul tuo ventre caldo/Depositare il seme senza amare il campo”), il pop-rock de “La distanza” (unico brano già presente in “14-19”), la delicata e jazzata “Interno notte”, l’indie-rock de “L’ultimo assalto” che ricorda il vecchio singolo “Suggestionabili”. Oppure ancora l’oscura atmosfera di “Jeremy”, la sospensione temporale di “Sintesi di un modello matematico” (“Vogliono salvare il mare/Mentre stanno già mirando al sole”) e la delicata “1784”, ballata d’amore dolce/amara inzuppata nel pianoforte su un testo di Luciana Manco (“E nei suoi occhi i miei sogni esplodono”).
Insomma “Le labbra” è uno dei dischi italiani più belli degli ultimi tempi, una collana di undici perle realizzate con passione e maestria da uno degli artisti più sensibili del panorama musicale italiano, indipendente per scelta e non per definizione. E mentre a Sanremo viene selezionato Emilio Fede come giurato di qualità qui si ascolta un gran bel capitolo di musica italiana…