Dieci canzoni appena, poco più di 38 minuti di durata, nessun riempitivo e un raro, benvenuto tocco di stringatezza che spinge a schiacciare il tasto repeat del lettore Cd. Quasi un album concept, che nel titolo prende ispirazione dalla medicina tradizionale cinese per parlare di strategie di sopravvivenza, superamento del dolore (un grave lutto familiare) e rinascita, con testi e musiche fortemente influenzati dai paesaggi naturali, dal ciclo delle stagioni, da eventi atmosferici e meteorologici con tutte le implicazioni metaforiche del caso. La voce, mai sforzata, sicura e precisa nella dizione, è sempre in primo piano: da sola, sullo sfondo di un rumore di vento, apre il disco nell’incipit di “Settembre”, poi screziata da un contrabbasso e un vibrafono jazzy in un’atmosfera delicatamente onirica (“è tempo di ripulire il pensiero” canta Cristina, sgombrando il campo da ogni suono superfluo). Lì, e più avanti nel disco, paure, nevrosi e dolori si stemperano in incanto, contemplazione gioiosa, ammirazione stupefatta del creato: su “Migrazioni” soffiano soffici corde di chitarra e d’archi, “Laure (Il profumo)” viaggia su onde più mosse e spedite, “Come le lacrime” è un delicato acquarello impressionista che si apre improvvisamente in un break ipnotico e psichedelico, “I duellanti”, sottilmente nervosa, è un ipnotico carillon che sonda le lacerazioni di una relazione tormentata (“per capire chi si è fatto più male”). Non si scoraggino i seguaci della prima ora, l’indie rock non è completamente disertato: “L’eclisse” sfoggia bei riff di chitarra e coraggiose arrampicate sul pentagramma, “Niente di particolare” è un sussulto elettrico e metropolitano che rannuvola per un attimo l’orizzonte. Poi, in fondo, torna la voglia di tradizione: la fisarmonica folk di “Non sempre rispondo” (un valzer un po’ troppo stilizzato, ma con un salutare tocco di concretezza nel testo: “ricordati di pagare il gas”), l’inno etereo e sospeso di “Conosci” che chiude bene le danze su un tappeto morbido di archi e ottoni (sintetizzati?). Suonano davvero, tutte quante, come unguenti e balsami della quinta stagione, in attesa delle intemperie climatiche ed emotive che ci attendono dietro l’angolo.
(Alfredo Marziano)