White Stripes - ICKY THUMP - la recensione

Recensione del 07 ago 2007 a cura di Davide Poliani

Avevano fatto sudare freddo i propri fan, i White Stripes, dopo "Get behind me Satan": sempre più geograficamente lontani (Jack a Nashville, Meg a Los Angeles), sempre più impegnati - sia nella vita privata, che in progetti solisti - la coppia d'oro del rock made in USA sembrava ormai definitivamente scomposta. Ma, sotto le ceneri dei passati exploit, la brace era ancora ardente. "Icky thump", l'album che segna il loro ritorno dopo due anni di silenzio, ribadisce il talento di Jack come songwriter puro, capace di fondere passioni marcatamente rootsy ad una visione oggi più che mai vasta e sfaccettata della scrittura. E se il riff zeppeliniano della title track, che apre le danze, non farà rimpiangere ai fan di vecchia data la ruvidezza dei primi episodi, gli ascoltatori meno attenti "quelli di po-po-po" si scopriranno a proprio agio tanto con le sezioni fiati mariachi e le atmosfere esotiche di "Conquest" quanto con le cornamuse e il folk di "Prickly thorn, but sweetly worn", per senza farsi mancare episodi più scanzonati come "You don't know what love is" o maggiormente stoniani come la bellissima "Effect and cause", in chiusura.

Ma la cosa che dovrebbe rallegrare di più i fan del duo di Detroit, in "Icky thump", è la ritrovata fertilità compositiva di Jack e Meg, oggi (forse più che un paio di anni orsono) proiettata verso il futuro, vitale ed inquieta: passino, quindi, un paio di passi falsi nella tracklist, e quel vago senso di incompiutezza che potrebbe pervadere l'ascoltatore dopo aver passato in rassegna, per la prima volta, i tredici episodi che compongono l'ultima prova in studio della band. Passata la sorpresa, l'hype e tutto il resto, i White Stripes di "Icky thump" si rincofermano un gruppo "arrivato" ma non ancora sazio, pronto all'ingresso (per rimanerci) nell'Olimpo del rock.

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