Gettato lo sguardo di rigore al passato, la prospettiva si trasferisce al presente, come si addice al primo lavoro che Nas pubblica per l’etichetta Def Jam sotto la supervisione di Jay Z. Immancabile, quindi, l’attesissimo duo con l’ex rivale di rime in “Black republican”, dove i due titani dell’hip hop alternano le loro voci in un crescendo sostenuto musicalmente da stralci della colonna sonora de “Il Padrino II” con il risultato di affermare la propria influenza sulla scena e riconoscere, di conseguenza, il proprio ruolo nel music business. La consapevolezza dei compromessi che la carriera musicale comporta riecheggia in “Not going back” e “Carry on tradition”, dove Nas ammette esplicitamente: “Eravamo il segreto del ghetto, non riesco a decidere se vorrei esserlo ancora o se preferisco che tutto il mondo ci conosca”. Opzione obbligata, quest’ultima, che sembra suggerita dalle collaborazioni ecumeniche dell’album, che coinvolge superstar rappers del calibro di Snoop Dogg - ospite nella godibilissima “Play on playa” su una base di Dre –, un recente fenomeno dell’hip hop qual è Kanye West - che presta voce e campionamenti da abbinare ai gorgheggi sognanti di Chrisette Michelle in “Still dreaming” - e perfino l’idolo pop Chris Webber - che partecipa a “Blunt ashes” come produttore.
Più che un funerale all’hip hop, quindi, l’album di Nas vuole essere un accorato sprone alla ricerca di nuove direzioni creative, anche se i toni e lo stile di questi 16 pezzi possono risultare maggiormente appetibili ai veterani del genere che ai fan dell’ultima ora. La considerazione che sorge spìontanea al termine dell’ascolto è perciò la seguente: se già Common, per primo e in modo magistrale, una decina d’anni fa aveva denunciato la perdita di purezza originaria dell’hip hop in “I used to love H.E.R.”, e nemmeno Nas ci propone più un lavoro innovativo (come il capolavoro “Illmatic” con il quale diventò celebre nel ’94), qualcosa dev’essersi certamente incrinato nella linea evolutiva dell’hip hop, geniale musica del ghetto diventata pop del terzo millennio.