Icon - STRIP-TEASE - la recensione

Recensione del 15 ott 2004 a cura di Paola Maraone

Ci vuole tanto, troppo coraggio per provare a resuscitare – in voce, spirito e pure corpo – la chanteuse più maledetta e assieme santa che la storia del rock ricordi. Ci è riuscita un’insospettabile come Aua, classe 1978, già voce dei Pincapallina (a Sanremo nel 2001), diafana come Nico ma con qualche spigolo in meno: praticamente la sua reincarnazione burrosa.

Combinazione curiosa: con l’aiuto dei suoni del bresciano Franci Omi (già anima della band Il Grande Omi) la Nico-di-burro si cala perfetta nei panni della Nico-di-spigoli e canta, anzi ri-canta, le canzoni leggenda degli esordi, suoi e dei Velvet. L’avreste fatto, voi? Noi manco per sogno. Chi si metterebbe a rischiare il linciaggio per aver osato la cover di “I’ll be your mirror” o, ancora peggio, di quella “Strip-tease” che Gainsbourg scrisse nel ’62 e che Nico cantò solo per scherzo (la fece sul serio Juliette Gréco)?
Eppure Aua l’ha fatto. Con passione e distacco: che è un’altra combinazione curiosa. Libera, come Omi, da condizionamenti commerciali (il disco è una produzione artigianale, praticamente nata dalla buona volontà e dalla collaborazione entusiasta di un gruppo di amici), si è messa a interpretare anche “Femme fatale” e “All tomorrow’s parties” in modo personale e assieme fedele, autonomo e assieme credibile. E poi ha diviso in due l’anima di “I’m not saying” (il singolo di debutto di Nico come cantante) e l’ha proposta in veste scarna e dolce prima, graffiante e arrabbiata subito dopo. Prima di pronunciare giudizi preconcetti, prima di dire che far cover di Nico è da pazzi, fateci un favore – a buon rendere: provate a tendere le vostre orecchie verso quest’album essenziale ma emozionante, che costa anche poco perché è fatto di sei tracce appena, cantate e suonate a tratti in punta di piedi e a tratti pestandoli, quei piedi. Sei tracce che chiedono solo di farsi sentire e che – questa è una promessa – riescono in un intento che definire ambizioso è poco: trasportare chi ascolta in un altro spazio e in un altro mondo, tra suoni ipnotici, stranianti, improbabili, sporchi e assieme dolci; senza inutili orpelli o ghirigori, senza mai indulgere all’autocompiacimento. Un vero viaggio tra quiete e tempesta, giù, giù, nei più profondi recessi dell’anima, usando un pianoforte, una chitarra acustica e caldi passaggi vocali: che avrebbero potuto produrre un niente e invece fanno un grande effetto. Bellissimo? Decidetelo voi (e fateci sapere che ne pensate). Ma se siete dei nostalgici o anche solo un po’ curiosi, non perdetevi questo dischetto che fa tornare viva un’icona tanto tragica e sfortunata. C’è anche una traccia video, con il clip di “All tomorrow’s parties” e una bella modella in biancheria sexy, Grethel Gianotti: ci hanno spiegato che Aua non se l’è sentita, di fare quella parte. Come se ci volesse più coraggio a mostrarsi seminuda che a cantare Nico.


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