Polly Paulusma - SCISSORS IN MY POCKET - la recensione

Recensione del 13 ott 2004 a cura di Paola Maraone

È solo un debutto. Solo? Undici canzoni morbide suadenti audaci limpide, a cui si torna spesso – e volentieri – come a un dolce di cui si sia particolarmente golosi, fino a esagerare. Per lei i paragoni si sprecano: la versione femminile di Nick Drake, la nipotina di Joni Mitchell, un incrocio tra Edie Brickell e Carly Simon, un’emula di Norah Jones. Alcuni le hanno dato della furba, sostenendo che in “Scissors in my pocket” non ci sia angolo non smussato, imperfezione non nascosta, particolare non curato, e questo probabilmente è vero: per esempio ai tempi di Joni Mitchell un album così non sarebbe uscito, o meglio ne sarebbe uscita la versione “rough”, mentre questa suona/appare perfettamente equilibrata e messa in ordine. Un po’ come un bambino con mamma vagamente apprensiva, che prima di andare a scuola gli rassetta i capelli infinite volte e gli pulisce con attenzione la bocca dalle briciole della colazione, ecco: “Scissors in my pocket” avrebbe anche potuto – visto il tema delle forbici – essere più affilato, impreciso, disordinato, e invece no. Dovendo descriverlo affiorano alla mente termini e categorie come folk-blues o soul-blues, immagini come “educazione jazz”, sensazioni tipo “giornate brumose e autunnali” ma anche “sottile pioggerella e vento leggero”. Ha osato, Polly, nel percorrere un canale musicale non-bianco lei che è una non-nera: ha rischiato, mostrando che la sua voce funziona, anche se i puristi potrebbero definirla non abbastanza sporca. La troppa perfezione, del resto, è l’unico limite possibile di quest’album, che peraltro inanella vere perle una dietro l’altra: provate ad ascoltare la commovente “Mea culpa” o le evoluzioni vocali di “Perfect 4/4”, assolutamente meravigliosa vestita com’è di pianoforte e nient’altro, o la travolgente “Give it back”: impossibile non seguirla, impossibile non andarle dietro. Detto ciò: avercene, di album come questo, che mette assieme morbidezza e intensità e che gioca con la chitarra e il contrabbasso, e sceglie – bene – che pezzo far seguire a quello che è appena finito e che già vorresti risentire. Più vera del vero, in questo caso, è la frase “Aspettiamo con ansia il seguito”, e cioè l’album che verrà, gli album che verranno, e che – se va avanti così – faranno dell’impronunciabile Paulusma (Po:lsma?) un nome sulla bocca di tutti.


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