Prodigy - ALWAYS OUTNUMBERED (NEVER OUTGUNNED) - la recensione

Recensione del 07 ott 2004

In casi come questo, si usa dire che la montagna ha partorito il topolino. In sette anni, Keith Howlett è riuscito a ridurre i Prodigy ai minimi termini (se stesso e una pattuglia di ospiti più o meno VIP) e a dare un seguito allo stravenduto "The fat of the land", fra ripensamenti, uscite annunciate e smentite, e anticipazioni a mezzo stampa sempre più stanche. Alla fine l'album è arrivato. Ed è deludente. Capita, quando un gruppo si impone in modo autorevole e poi lascia trascorrere troppo tempo fra un disco e il successivo. Qualcosa del genere era successo agli Stone Roses e, in misura minore, ai Primal Scream dopo "Screamadelica". I Prodigy si sono trovati al centro dell'incrocio fra rock ed elettronica, e hanno saputo a suo tempo sfruttare la posizione nel modo migliore. Avevano i singoli giusti, un'immagine provocatoria e facevano incazzare in un colpo solo raver oltranzisti (che li consideravano dei venduti), punk e rocker tradizionalisti (per i quali erano dei pagliacci) e bacchettoni di qualsiasi estrazione. A distanza di sette anni, Howlett continua a presidiare la stessa postazione. Solo che nel frattempo il resto del mondo si è mosso, i Prodigy sono stati accolti da tempo nella lista dei nomi che fanno tendenza e non spaventano più nessuno, tant'è che Flint deve andare a fare il gioppino alle sfilate di moda per guadagnarsi qualche titolo sui giornali. Howlett si è sbarazzato dei compagni, e si è concentrato sulla musica. Però non è riuscito a farsi venire uno straccio di idea nuova, se non quella di far cantare Juliette Lewis e Liam Gallagher. Non c'è niente di sbagliato o di particolarmente brutto in "Always outnumbered, never outgunned", ma nemmeno qualcosa che graffi come "Firestarter" o "Breathe". Il miscuglio di beat elettronici e riff cattivi è sempre lì, tirato a lucido e infiacchito: qualche campionamento ben piazzato (“Thriller” di Michael Jackson in “The way it is”), uno scambio riuscito con Liam Gallagher (“Shoot down”) e materiale vario che potrebbe funzionare bene in qualche spot della Nike o di altri marchi “ggiovani”. C'è di molto peggio in giro, ma ci volevano sette anni per tirar fuori un disco così?


(Paolo Giovanazzi)

Tracklist

01. Spitfire
02. Girls
03. Memphis bells
04. Get up get off
05. Hotride
06. Wake up call
07. Action radar
08. Medusa's path
09. Phoenix
10. You'll be under my wheels
11. The way it is
12. Shoot down

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