Marco Masini - MASINI - la recensione

Recensione del 26 mar 2004 a cura di Paola Maraone

Ah, quanto spesso cambia idea quest’uomo. Del resto va detto che lo provocano in continuazione. E lui che fa? Reagisce come può, mutando pelle di continuo. Gli era capitato una prima volta nel ’98, con “Scimmie”: la sua svolta rock, che ai fan non era piaciuta più di tanto e che l’aveva indotto a tornare subito sui suoi passi. (Ri)buttandosi sul melodico: siamo al 2001, l’epoca di “Uscita di sicurezza”, maltrattato dai media e persino dalla Bmg (che pure lo pubblica). Masini è vilipeso, insultato, i più gentili gli danno del noioso e dello stronzo, e c’è persino qualche coglione che gli appiccica addosso l’etichetta di menagramo. Scusate l’uso delle parolacce, ma siamo ragionevolmente sicuri di non offendere la sensibilità dei fan né di Marco – in fondo ha cominciato lui a tirare dei gran “Vaffanculo”, più di dieci anni fa.

Ad ogni modo, chapeau a quest’ex-ragazzo dalle spalle larghe, che se ne frega della coerenza (“la virtù degli stupidi”, ha detto qualcuno) e nonostante annunci al tiggì il suo ritiro definitivo dalle scene (aprile 2001) poi non ce la fa a resistere, pubblica la prima versione di “… Il mio cammino” (ottobre 2003) e si presenta da vero re degli sfigati al Sanremo più controverso della storia, quello del 2004. Festival che – proprio come Masini – non segue le regole e lo premia: grazie anche al televoto dei fan da casa, gli unici a non averlo mai abbandonato (vedere per credere al sito www.poesiamasini.it).
Comunque il fiorentino, qui, è un tipo davvero tosto. La sua “L’uomo volante” oltre che essere una delle più interessanti canzoni di Sanremo (secondo chi l’ha votata, ovviamente, la migliore) vendicchia benino, è orecchiabile, ha un bel testo. Apre più che degnamente la nuova versione di “… Il mio cammino”, quella post-Festival. Sul resto dell’album, che dire? Lo sforzo creativo non è dei più grandi: appena cinque inediti e nove rivisitazioni di vecchi brani. Certo, gli inediti sono carini, intelligenti, molto masiniani, non scontati (notevoli in questo senso “Io non ti sposerò” e “Benvenuta”, mentre “E ti amo” ricorda un po’ troppo Baglioni). Certo, le reinterpretazioni dei vecchi successi sono divertenti, e i brani in sé ottimi (come suggerisce la parola stessa: “successi”). Chi si era dimenticato quant’è bella “Dal buio” qui può risentirla, e senza tema di sembrare a nostra volta sfigati ci permettiamo persino di difendere il valore di brani come “Disperato”, “Caro babbo” e “Ci vorrebbe il mare”.

Okay, sappiamo cosa state pensando: resta pur sempre il fatto che cinque inediti sono pochi. Allora adesso vi facciamo una domanda (risposte sincere, please): ma voi che avreste fatto, al posto di Masini? Vi sareste forse sbattuti alla morte, per scrivere tutto un disco di nuovi pezzi con il rischio di essere maltrattati un’altra volta dalla stampa e dalle classifiche? Improbabile. Voi – proprio come lui – avreste pensato: “Vabbè, proviamoci. Inventiamoci quattro/cinque canzoni, poi prendiamo un po’ di quelle vecchie e ricantiamole in versione jazz, dance, R&B. Se va bene, bene. Altrimenti, vaffanculo.”
Di nuovo.

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