Offspring - SPLINTER - la recensione
Recensione del
01 feb 2004
Fra i gruppi di punta cresciuti sotto il marchio della Epitaph, gli
Offspring hanno dato prova di avere il maggiore istinto pop. Gareggiano ad
armi pari, in fatto di potenza e velocità, con Bad Religion, NOFX e
Pennywise ma non hanno la vena sociale polemica di Greg Graffin, i lazzi
goliardici di Fat Mike e la tenacia da irriducibile di Jim Lindberg. In
compenso, gli Offspring hanno saputo trovare il modo per arrivare anche al
pubblico che se ne frega del punk. E in almeno due casi - i singoli "Come
out
and play" e "Pretty fly (for a white guy)" - lo hanno fatto in grande stile,
raggiungendo il giusto equilibrio fra aggressività e immediatezza. Premiati
da vendite milionarie, hanno finito col rappresentare la faccia accettabile
del punk, un gruppo amato dai ragazzini coi capelli a istrice ma buono anche
per fare da colonna sonora a servizi televisivi dedicati allo skate o allo
snowboard. Oggi si trovano per le mani una miscela di velocità
hardcore e melodia collaudata (ma anche consumata da miliardi di altri
gruppi) e il problema di fare i conti con l’età che avanza. Evitano questo
secondo guaio ignorandolo bellamente, ma non riescono a evitare
l'impressione di già sentito negli episodi più aggressivi di "Splinter".
"The noose", "Long way home", "Never gonna find me" o "Lightning rod" sono
buoni esempi di pezzi veloci e ben scritti,
cioè quello che la band di Dexter Holland riesce a fare meglio. Peccato che
non aggiungano granché a quello che gli Offspring hanno già fatto in
passato. A variare il menu c'è il singolo "Hit that", che ibrida lo stile
solito del gruppo con qualche accenno dance, il rock semiacustico di "Spare
me the details" e i vaghi richiami reggae di "The worst hangover ever".
Utili per evitare la noia, ma non indicano nuove direzioni possibili. La
conclusiva "When you're in prison", registrata come se fosse un pezzo degli
anni 30 o giù di lì, con tanto di fruscio da vecchio disco in vinile, è
fondamentalmente uno scherzo dal testo un po' grossolano (il tema è la
sodomia fra detenuti). In breve, gli Offspring sono dei ragazzoni
americani fermamente decisi a non crescere, che scrivono canzoni
sul surf ("Da hui"), le corna ("Spare me the details"), i postumi da sbronza
("The worst hangover ever") anche se i capelli cominciano a diventare
grigi. Chi si è divertito con loro in passato, può continuare a
frequentarli, a patto di non aspettarsi grandi novità o invenzioni
rivoluzionarie.
Da segnalare, per i fan affezionati, una traccia video piuttosto ricca, tra
clip, interviste e visite in studio di registrazione.
(Paolo Giovanazzi)