Di fatto, con l’album davanti e la cuffia sulle orecchie, la sensazione è che Williams sia ancora capace di divertirsi. Grazie alla musica, e grazie al mestiere che fa. È pur vero che poche settimane fa, tornato in Inghilterra dopo una permanenza in California durata mesi (alcuni dicevano: per non pagare troppe tasse all’esoso fisco britannico) l’ex Take That ha dichiarato in pubblico: “Mi sto cagando addosso. Sono fuori dal giro da troppo tempo e non so come andrà l’album”. Così a naso (anzi, a orecchio) l’impressione è che andrà bene. Questo affascinante guascone, a tratti irrispettoso, sempre irriverente, racconta di aver “cantato nudo” durante la maggior parte dei brani: la sensazione di vulnerabilità che ne deriva, ha spiegato, serve a dare il meglio di sé. Poi decide di aprire “Escapology” non con il singolo ma con una canzone-scherzetto: chitarre aggressive, voce distorta, accordi vagamente disturbanti, il ritornello ripete “I haven’t got a clue what to do with you, Jesus what am I gonna do with this crap?” che più o meno significa “Sono nella merda e non so cosa fare con te”. Un bell’esordio, che non piacerà agli amanti della tradizionale forma-canzone ma che a noi ha divertito moltissimo. Come divertente è l’attacco della terza traccia (“Feel” è la seconda) che si intitola “Something beautiful” e parte con un piano strimpellato che ricorda tanto il vecchio Robbie-style. Affascinante anche “Sexed up”, in cui il Nostro racconta di essersi stufato della sua ragazza e di volerla mollare, che parte come una ballad sussurata e che poi si apre (con voce e strumenti). L’idea di sé che dà Williams fin qui è quella di essere il simpatico stronzo che tutti conosciamo, e che piace tanto (pure troppo) alle donne: “Screw you”, “Fottiti”, canticchia sereno lui, e noi ragazze lo amiamo
“Hello, did you miss me: I know I’m hard to resist” (“Ti sono mancato? So che resistermi è difficile”) esordisce senza preamboli l’ex Take That in “Handsome man”, con voce mooolto sexy, e rincara la dose aggiungendo: “It’s hard to be humble when you’re so fucking big” (“Difficile essere umili quando sei così fottutamente grande”), e a questo punto potete fare due cose: buttare il disco alle ortiche o scegliere di adorare Robbie, che in mezzo alla canzone puntualizza, scandendolo a mo’ di slogan, il concetto: “It’s not that complicated, I’m just young and over-rated”. “Non è poi così complicato, il fatto è che sono giovane è sopravvalutato”. Appunto.
Si torna alla calma (almeno apparente) in “Come undone”, che sembra una ballata ingenua ma in realtà dice cose terribili (tipo: “So fuck you all”, “Fottetevi tutti”), frase che sussurata acquista un’aria carina e dolce (della serie: farsi mandare a fare in culo così è quasi piacevole). Avanti tutta in “Me and my monkey”, funky beat+trombe, dedicata a un amico di Robbie che a quanto pare possiede una scimmia. La canzone dura sette minuti e il Nostro, specie all’inizio, più che cantare parla, ma riuscirà a non annoiarvi.
“Song 3” ha o non ha qualcosa a che vedere con “Song 2” dei Blur? Non riusciamo a deciderlo (e comunque non è un granché). Così come l’attacco uptempo di “Hot fudge” non basta a salvare tutta la canzone. E nemmeno “Cursed”, tutta chitarra elettrica, è un capolavoro. Per tornare ad alti livelli bisogna aspettare “Nan’s song”, in cui (forse) Robbie Williams diventa buono. Sarà vero? Comunque sia, canta frasi come “I miss your love, I miss your touch, but I’m feeling you everyday”. Un bel pezzo (e anche il primo scritto interamente da lui. Niente male). Sembra quasi che sia innamorato, ma probabilmente è un’illusione. Nessuna illusione, invece, sulla bontà dell’album: che resta un lavoro solido e ben costruito, una bella tappa della vita da star di Robbie. Ci si chiede cosa farà di qui in poi, considerato che il suo autore (Guy Chambers) ha dichiarato di non voler scrivere più canzoni per lui in futuro. Ma probabilmente è presto per preoccuparsene…
(Paola Maraone)