Ma non mancano alcune felici e originali intuizioni :“L’amore che non è mai finito è come burro che ci rimane il dito”, “miscelo a te le rosee foglie e le frattaglie dei nostri cuori”, e quella “m’incanto a te, m’indoro a te” dalla quale traspare l’influenza dell’altro grande partner di Lucio Battisti, l’inventore di nuove parole Pasquale Panella, recente collaboratore di Zucchero (l’espressione “Se un santino ti visita e t'indora” è in “Tu non ti pungi più”, da “La sposa occidentale”); e la frase-chiave che intitola la canzone: “alla vita che bevo con te sciucchiando l’uva m’inchino” Mina la canta con autentico gusto, proprio sottolineando carnalmente la “sciuc” così padana della parola “succhiando”.
Su come sappia splendidamente cantare Mina non è proprio il caso di ripetersi: semmai qui è più del solito felicemente rilassata, larga melodicamente e serenamente fluida. E l’intero brano è un bellissimo esempio di “canzone popolare”, proprio nel senso di “canzone che cantano i garzoni dei fornai”: quelle canzoni che a volte disperiamo che in Italia si sappiano ancora scrivere, ma che fortunatamente, ogni tanto, tornano a rallegrare i nostri sentimenti.
La seconda canzone del Cd singolo, “I’ll see you in my dreams”, è poco più che un idillio, nemmeno un minuto e mezzo di eleganza sospesa che già illuminava un bello e spiritoso spot di Wind con il Natale d’estate; e il singolo (in vendita dal 4 di ottobre) è un naturale numero uno in classifica, se a questo mondo c’è giustizia, e se le radio dimostreranno per una volta di pensare alla gente (alla gente vera) e non al fittizio mercato dei “giovani”.
Aggiungo in chiusura che “Succhiando l’uva” è la dimostrazione patente di come Mina, se servita da autori di vaglia e di mestiere, possa riprendersi in ogni momento lo voglia il ruolo di best seller della canzone italiana; se l’album previsto a fine ottobre manterrà queste premesse, sono davvero ansioso di ascoltarlo.