Daniele Silvestri - UNO' - DUE' - la recensione

Recensione del 27 mar 2002

Iniziamo dalla fine, perché è lì che comincia il nuovo disco di Daniele Silvestri: “Di padre in figlio”, splendida dedica ad un figlio nascituro, e splendida dedica ad un padre da poco scomparso. Due eventi reali nella vita del cantante/autore romano, che ne hanno segnato la musica. Daniele, nell’intervista che Rockol ha pubblicato qualche giorno fa, ci ha raccontato di avere scritto questa canzone prima di sapere che sarebbe diventato padre. Comunque, questo brano è la chicca di un disco, il quinto, che rispecchia perfettamente il momento in cui è stato composto. Un momento doloroso, non solo per motivi personali ma per motivi sociali: si leggano i testi de “Il mio nemico” (“Il mio nemico non ha divisa, ama le armi ma non le usa, nella fondina tiene le carte Visa e quando uccide non chiede scusa”, composti dopo Genova) o “Manifesto”. Ma un momento da cui si può e si deve uscire, ritrovando nelle piccole cose la voglia di andare avanti: come dichiara la bella “Salirò”, brano noto per i trascorsi Sanremesi.

“Unò, Dué” è un disco caotico, come caotica è sempre stata la musica di Daniele, e come lo è maggior ragione in questo momento: un patchwork di stili e influenze, filtrati attraverso una visione del mondo ironica e contemporaneamente incantanta. Questa volta la scelta è stata quella di insistere più sull’aspetto ritmico, come sottolinea anche il titolo dell’album, che sa molto di marcetta. Così diverse canzoni giocano con i ritmi della dance, di quella anni ’70 di “Salirò”, spesso unita all’ “Unz-unz” contemporaneo. In altri momenti, si torna alla forma ballata, come in “Sabbia e sandali”, o come nella già citata “Di padre in figlio”, o al rock di “Mi interessa”.
Forse “Unò, Dué” non è il miglior disco di Daniele: la maturità acquisita con gli anni, e ampiamente dimostrata in queste tracce, ha comportato un po’ di perdita di quella freschezza presente nei primi album. Però è un disco intelligente, pensato e pensante. Sarebbe bello che la visibilità ottenuta a Sanremo (il balletto-tamarro della serata finale verrà ricordato come uno dei momenti migliori di quest’anno) si concretizzasse in un successo più ampio di quanto è avvenuto in passato.

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