Pink - M!SSUNDAZTOOD - la recensione

Recensione del 16 mar 2002

Se l’avete già vista nel video di “Get the party started” - come è probabile, visto che la canzone è prima in classifica praticamente ovunque – sarete già stati conquistati dal suo irresistibile personaggio, capace di mescolare in un unico cocktail pose sexy, bronci da fumetto, finta cattiveria da
riot girl e sguardi da teenager ingenua e sognatrice. Pink è un attrice nata, e forse, al di là del contingente successo nella musica, è lì che dovrebbe andare a cercare il suo futuro. Perché poi, quando ascolti il disco, ti rendo conto che la ragazza non è che faccia proprio tanto, oltre che cantare e avere la faccia giusta al momento giusto. Ne deve avere, di santi in paradiso, la signorina Pink, se per il suo secondo album può permettersi di giocare un poker d’assi decisamente altisonante: alla produzione L.A. Reid, suo mentore e scopritore – ma la ragazza, in occasione del suo primo album, in cui appariva in copertina con l’algido look di una Annie Lennox dai capelli pinkeggianti, aveva schierato anche Darryl Simmons e Babyface -, alla scrittura delle canzoni Dallas Austin (che vanta nel suo curriculum altre sprovvedute come Madonna) e Linda Perry (già 4 Non Blondes, interprete problematica e adesso in grande recupero di lucidità), e all’ospitata addirittura il testosteronico cantante degli Aerosmith Steven Tyler, impegnato in una “Misery” che sembra estratta a forza dal suo repertorio. Come dire, Pink piace alla Los Angeles che piace, e in questo disco se ne approfitta, tanto da dare, dopo ripetuti ascolti, l’idea di averlo progettato bene, questo “Missundaztood”. Un po’ di cattiveria, qualche testo strappalacrime e qualche bell’invito al divertimento anticonformista, un po’ di sesso che non guasta mai e qualche doppio senso scurrile, il tutto condito da un progetto musicale che difficilmente potrà sbagliare, visto che copre praticamente tutte le modalità possibili di FM music all’americana, dalle più reazionarie alle più innovative (si fa per dire). Insomma, “Missundaztood” è un bel prodotto, con un unico limite: sa troppo di prodotto. E quindi alla lunga può stancare. Per il resto il tempo ci dirà se siamo di fronte alla nuova Cyndi Lauper o al solito fenomeno stagionale.


(Luca Bernini)

Tracklist
“Missundaztood”
“Don’t let me get me”
“Just like a pill”
“Get the party started”
“Respect” (featuring Scratch)
“18 wheeler”
“Family portrait”
“Misery” (featuring Steven Tyler)
“Dear diary”
“Eventually”
“Lonely girl” (featuring Linda Perry)
“Numb”
“Gone to California”
“My Vietnam”

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