Preceduto dal potente singolo “How you remind me”, esce “Silver side up”, secondo lavoro dei canadesi Nickelback dopo l’esordio dell’anno scorso intitolato “The State”. La filosofia del gruppo è spicciola, come afferma il chitarrista Ryan Peake: “Ci piace scrivere buone canzoni con buone melodie che si possano cantare ai nostri concerti e ricordare anche dopo”. A volte il quartetto ci riesce, come in “Woke up this morning”, “Too bad” o “Good times gone” (dove spicca la slide di Ian Thonley), a volte meno. I giornali americani hanno paragonato i Nickelback a gruppi come Helmet o Alice In Chains. In realtà Chad Kroeger, Ryan Peake, Mike Kroeger e Ryan Vikedal mischiano i canoni chitarristici dell’hard rock con una certa ricerca melodica e una moderna tendenza post-grunge, cercando a tratti una mediazione da FM americana. I risultati sono alterni ma nel complesso i quattro si fanno apprezzare, soprattutto grazie alla produzione di Rick Pharashar, già alla consolle con i Pearl Jam e con i Temple Of The Dog. “Silver side up”, registrato in sole cinque settimane, è stato poi mixato da Randy Staub (Metallica, U2). I suoni sono in effetti molto curati e i testi di Kroeger si sono fatti meno metaforici e più introspettivi, più vicini alla sfera personale del cantante/chitarrista, dalla voce abbastanza duttile che ricorda a tratti quella di Eddie Vedder, a tratti quella di David Coverdale. Nel prodotto non c’è grande originalità, ma “Silver side up”, sospeso tra “riffoni” hard e ballate mid-tempo, colpisce anche qualche bersaglio.