Al suo apparire “Adema”, l’omonimo debutto, ha suscitato reazioni contrapposte: da un lato c’è chi ha salutato il disco - forse un po’ troppo entusiasticamente e con qualche forzatura - come la nuova rivelazione del panorama nu-metal, dall’altro c’è chi lo ha accolto con un misto di pregiudizio e di malcelata irritazione, bollando Chavez e i suoi compagni come pedissequi imitatori e tardivi epigoni di un genere ormai logoro e privo di nuove idee. Ai sostenitori di entrambe le posizioni è però sfuggito il particolare che gli Adema, pur nutrendosi di generose ed evidentissime influenze nu-metal, sono senza dubbio più assimilabili a un solido alternative rock di matrice post-grunge che strizza l’occhio alle sonorità industriali piuttosto che al calderone nu-metal.
Il disco, fin dalle prime battute di “Everyone”, mette in luce una spiccata sensibilità per le melodie intense e sofferte dal retrogusto nirvaniano, sostenute da riff duri, pesanti e spigolosi e da una sezione ritmica compatta e potente, senza dimenticare un sottofondo venato di suggestioni che sembrano arrivare dritte dal periodo post new wave dei Depeche Mode e dalle geniali intuizioni prog metal dei Tool, come ben dimostra la torbida “Giving in”. La potenza e il ruvido e grezzo impatto del nu-metal tra Orgy, Korn e Limp Bizkit fanno la loro comparsa nella poderosa “Freaking out”, che trasferisce la profondità introspettiva del testo sulle note laceranti di un riff oscuro e marziale, reiterato con minacciosa precisione chirurgica. La successiva “The way you like it” spazia in modo non convenzionale nei territori dell’hip hop, spianando la strada alla melodia straziata di “Close friends” e alle ritmiche serrate, taglienti e aggressive di “Do what you want to do” e “Skin”. L’ombra di Linkin Park e Staind fa la sua comparsa in “Pain inside”, episodio che pur allentando la tensione a livello sonoro, la fa riesplodere a livello emotivo, sulle parole sofferte e sorprendentemente sincere di Chavez, la cui voce, benchè non originalissima, riesce a essere coinvolgente ed efficace. Il suono riesplode con inaudita e deflagrante potenza nell’asciutta e selvaggia “Drowing”, prima di congedarsi sulle note dense e ammalianti della conclusiva “Trust”.
Pur mancando all’appello delle nuove sensazioni del nu-metal, gli Adema si rivelano una concreta realtà dell’alternative heavy rock, forse non originalissima ma capace di regalare più di un’emozione e di farlo in modo sincero e credibile, senza troppi debiti di riconoscenza. In fondo non deve essere stato facile per il buon Mark Chavez crescere all’ombra di un ingombrante fratellastro come Jonathan Davis.
(Stefania V. De Lorenzi)