Ian Hunter - RANT - la recensione

Recensione del 29 set 2001

Direttamente dall’età d’oro del rock’n’roll sbarca nuovamente nei negozi di dischi Ian Hunter, coriaceo cantante prima dei Mott the Hoople poi dedito a una disorganica carriera come solista. Con quel gruppo, negli anni ’70, Hunter aveva creato musica tracciata su coordinate inedite, che mettevano insieme il glam rock di David Bowie (fu lui a scrivere per i Mott The Hoople uno dei loro principali successi, “All the young dudes”), il rock’n’roll più classico e la ballad folk in perfetto stile Bob Dylan. Gli anni passano, ma la formula riproposta da “Rant” (“rantolo”, titolo che potrebbe avere dell’ironico se lo si leggesse come una descrizione dell’attuale forma vocale del nostro, sicuramente un po’ più svociato degli esordi) è più o meno la stessa cosa: rock’n’roll classico militante (“Ripoff”), ballad che farebbero meravigliare Bob Dylan (“Death of a nation”, “Still love rock’n’roll”) e episodi più prettamente glam (“American spy”), con parti vocali e melodie che sembrano tagliate via dal vecchio repertorio Mott The Hoople/David Bowie. Con la voce a sua disposizione, poca ma suggestiva e roca, Hunter sembra molto più a suo agio sulle ballad e sui pezzi d’atmosfera, che non a caso sono il piatto forte dell’album, anche perché sorretti da testi crudi ed essenziali da rasentare l’imbarazzo: ascoltare “No one”, ad esempio, significa imbattersi in una delle canzoni più tristi dell’universo da quando Dio ha inventato la solitudine, e viene quasi da dirgli in ginocchio di risparmiarsi qualche descrizione. Ian Hunter dal canto suo ritrova fiato quando parla e sogna di rock’n’roll e grandi amori. Come tutti i vecchi leoni di una volta, ancora scottati dal loro fuoco sacro e ancora caparbiamente in giro a difenderlo.


(Luca Bernini)

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