“Proxima estacion: esperanza” ha come protagonista la radio, Radio Bemba naturalmente, che in più canzoni fa da sottofondo e fa da regina nell’ultima traccia “Infinita tristezza”, quasi volesse diffondere il messaggio di Manu nei quattro angoli del mondo. E infatti quest’album ha come referente il mondo: i 17 brani sono cantati in cinque lingue, francese, inglese, spagnolo, portoghese, portuñol (un mix delle ultime due) e contano sulla collaborazione di musicisti provenienti da vari paesi, come nel caso del marocchino Mostafa El Hafer che canta con Manu in “Denia”. E proprio “Denia” è probabilmente la canzone più bella dell’album: una ballata che racconta il dramma dell’Algeria e riesce ad abbracciare l’ascoltatore con un manto di dolce malinconia tra i suoni e le grida delle donne algerine. Bellissima. I suoni e i ritmi si susseguono trasportandoci dall’America Latina all’Europa in un viaggio di note che passa dal reggae di “Merry Blues” e di “Mr Bobby” (questa canzone, per la cronaca, è dedicata a Bob Marley e riprende significativamente il sound di “Bongo Bong”) ai ritmi jazzati di “Trapped by love” a quelli latini di “Papito”, “La chinita” e “La marea”, dalla filastrocca di “Me gustas tu” alla dolce ballata “Mi vida”. Il resto è multietnico e multiculturale, come “Homens”, la versione portoghese di “Bingo Bong”, già dei Mano Negra e uno dei singoli di maggior successo estratti da “Clandestino”, sempre presente quasi fosse la carta d’identità che Manu esibisce per presentarsi (ammesso che Oscar Tramor, questo il suo vero nome, sia il tipo da tenere nel portafoglio un documento di riconoscimento e noi ne dubitiamo).
Un consiglio: non fermarsi al primo ascolto. Nonostante sembri di facile impatto “Proxima estacion: esperanza” più si ascolta più coinvolge e si fa apprezzare, al punto da far dimenticare la somiglianza con “Clandestino” e sembrare quasi più bello.
(Erika Ferrati)