Questo nuovo album, “Alla rovescia”, sembra proprio essere una summa di quei mondi musicali: raggamuffin, reggae, ska, rocksteady e dintorni, tutti quelli possibili e immaginabili. Ma c’è anche altro. In “Il posto per me”, ad esempio, ci sono i giochetti vocali di certe colonne sonore anni sessanta-settanta, in “Senza parole” un (breve) intro di pianoforte da jazz-club francese, in “Gattabuia” un assolo di violino quasi tzigano e così via. E’ un disco pieno di frizzi e lazzi insomma, fatto di musica che fa di tutto per non abbassare la soglia dell’attenzione. E in parte ci riesce. A volte pare di avere due gruppi in uno, perché i testi – e le voci che li interpretano – sono di due diversi componenti, Adriano Bono e Giorgio Spriano. Il primo ha una voce che ricorda in modo incredibile sia nel timbro che nel fraseggio quella di Renato Rascel. Ascoltare per credere. Scrive parole dirette come poche. Parlan di tutto: si va dalle disimpegnate e romanesche “Pappa e ciccia” e “La donna mia” (che spiega con esempi che la donna sua è particolarmente gelosa, Rascel l’avrebbe fatta sua in un attimo) a “Alla rovescia”, che guarda alla situazione italiana con una buona dose di qualunquismo (o buon senso, a seconda dei punti di vista). Il succo è che "certe volte pare che il mondo gira alla rovescia". Del perché non si parla. E’ un brano che anni fa non avrebbe potuto mai stare insieme ad uno come “Liberatelo”, sul giornalista di colore Mumia Abul Jamal rinchiuso nelle galere statunitensi, pezzo da posse politicizzata. Anche questo è un segnale della caduta delle ideologie, come della confusione che regna sovrana.
I titoli scritti e cantati da Giorgio Spriano sono invece un po’ più ricercati ed ellittici e la sua voce più morbida.
Non sarà un capolavoro questo disco, ma imbattercisi non è comunque una brutta esperienza.
(Francesco Casale)