Voice of a Generation - HOLLYWODD REBELS - la recensione

Recensione del 01 ott 2001

Per portare con disinvoltura un nome come “Voce di una generazione” serve un ego di dimensioni colossali oppure uno spiccato senso dell’autoironia. Questa band svedese sembra pendere più verso questa seconda caratteristica, a giudicare dal modo in cui gioca con i clichè punk sulle foto di copertina del nuovo album “Hollywodd rebels”: autodefinirsi “punk icon” o “punk hero” giova a stemperare i toni da retorica stradaiola delle loro canzoni. Che non sono esagerati, ma inevitabili quando si sceglie la direzione oi/street punk. I Voice of a Generation citano fra le loro influenze gruppi come Peter & The Test Tube Babies, e non c’è dubbio che l’approccio venga da nomi del genere: tre o quattro accordi, voci urlate, ritornelli orecchiabili cantati in coro. Tutte cose già ampiamente ascoltate in passato, ma la band svedese riesce a rigirare la solita frittata in modo tutto sommato convincente, un po’ perché il lavoro di produzione riesce a dotarla di un suono poderoso (ormai una regola in casa Burning Heart, la Epitaph svedese), ma soprattutto per la sua indubbia competenza in materia. Dall’attacco di “Odd generation’s back” in poi, i Voice non concedono un attimo di tregua e infilano una serie di pezzi che aggiornano la lezione degli Sham 69 con la potenza di suono dei Rancid (altra band che non ha mai nascosto debiti con la bistrattata scena oi). Rischiano anche l'overdose di aggressività in “An 18 track record”, ma non sconfinano comunque nell’hardcore. Niente di nuovo, ma “Hollywodd rebels” mostra abbastanza buone qualità per farsi notare da chi segue la scena punk e, soprattutto, ha le canzoni giuste per far muovere la gente durante i concerti. Il che, per un gruppo del genere, è una necessità fondamentale.


(Paolo Giovanazzi)

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