Bee Gees - THIS IS WHEN I CAME IN - la recensione

Recensione del 28 mag 2001

Ispirazione ritrovata per il trio d'oro, che con alterne vicende ha segnato la storia del pop. Le melodie alla McCartney e i coretti che un tempo fecero la fortuna dei Bee Gees qui hanno un ruolo di prima grandezza. Ascoltate per esempio la canzone che apre l'album (e che gli dà il titolo), con i fratelli Gibb stretti attorno a un microfono, vecchia maniera, a registrare live le loro armonie: andrebbe inserita di diritto all'interno della già ampia rosa di hits del gruppo. Il segreto di questo disco? L'umiltà (e l'onestà) di trarre spunto dal proprio passato per creare nuove composizioni, che fa del lavoro nel suo complesso una delle migliori intuizioni che la band abbia avuto nell'ultimo ventennio. Dimostrando, peraltro, di saper distribuire l'alzata d'ingegno lungo l'arco di tutto l'album; fatti salvi i soliti testi un po' ingenui ("You know I love you/I can't see the day for the night"), che peraltro sono quelli che funzionano di più, "This is where I came in" si rivela un disco equilibrato e gradevole. E i Bee Gees evitano il rischio (grosso) di apparire come l'ombra di quello che furono un tempo, facendo leva sulla loro provata esperienza da un lato, e sulla capacità di stare al passo con i colleghi più giovani dall'altro. Anche se non tutti i brani sono veri capolavori, alcuni valgono davvero l'ascolto: per esempio "Dejà vu", oppure la deliziosa "Technicolor dreams", divertissment che strizza l'occhio allo swing anni Cinquanta. Un appunto: l'attacco di "Sacred trust" ricorda pericolosamente "Last Christmas". Ma, si sa, nessuno è perfetto: e per fortuna.

(Paola Maraone)

Tracklist

01. This is where I came in
02. She keeps on coming
03. Sacred trust
04. Wedding day
05. Man in the middle
06. Dejà vu
07. Technicolor dreams
08. Walking on air
09. Loose talk costs lives
10. Embrace
11. The extra mile
12. Voice in the wilderness

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