Jeff Beck - YOU HAD IT COMING - la recensione

Recensione del 26 mar 2001

“Eh? Chi? Jeff Beck? Ma va’!”. Ecco la reazione media di chi si avvicina per la prima volta a questo disco. Loop elettronici, ritmiche industrial o Hip-Hop e distorsioni hard rendono questo lavoro assolutamente insolito per un artista come Jeff Beck, irriconoscibile in questa dimensione. Per carità, nessuno si attende il blues alla Yardbirds o il rock-blues di “Truth” o di “Beck-Ola”, ma l’ascolto di questo CD è obbiettivamente spiazzante. Avvicinatevi dunque a questa prova con la testa libera da ricordi e pregiudizi e giudicatela per quello che è, come se si trattasse del lavoro di un nuovo artista. E allora questo disco acquisterà un valore diverso, decidete voi se sopra o sotto la sufficienza. Sicuramente c’è un notevole impegno di ricerca sonora dietro a tutto ciò che esce dalle casse: Jeff fa tesoro di 35 anni di onorata carriera, prende quanto fatto finora e lo adatta all’epoca in cui stiamo vivendo, dando una visione personale del mondo musicale e non che lo circonda. E allora il blues si sporca di ritmiche elettroniche, “Rollin’ and tumblin’” assume un aspetto ruvido e sporco, la dance si sposa ad influenze mediterranee in “Nadia” (firmata da Nitin Sawhney), in “Rosebud” una slide guitar incontra ritmiche alla Massive Attack e in “Loose cannon” (come un po’ in tutto l’album) sembra di trovarsi di fronte ad uno degli ultimi episodi dei King Crimson. Proprio alla band di Robert Fripp potrebbe essere comparato il nuovo Jeff Beck. Nel senso che il chitarrista inglese sta dando del rock-blues più o meno la stessa visione che i King Crimson stanno dando del progressive rock. A tratti, invece, sembrerebbe di trovarsi alle prese con un album di remix. Il risultato è interessante e costituisce una prova di grande eclettismo da parte di un musicista dalle indubbie capacità. Se poi sia apprezzabile o meno, giudicatelo voi.


(Diego Ancordi)

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