(Paolo Giovanazzi)
Ascoltare questa raccolta delle Lush rischia di essere un’esperienza un po’ malinconica per chi anni fa si interessava della scena indipendente, si rodeva perché in Italia non arrivavano mai festival come il Lollapalooza e prendeva ancora sul serio le recensioni di Melody Maker e New Musical Express. “Ciao!” fa un po’ l’effetto di un reperto di un'epoca tutto sommato remota, anche se è composto da brani pubblicati fra il 1989 e il 1996. Passano in rassegna vari ricordi di quella che fu la scena "alternativa" (altra parola ormai remotissima) inglese: “Thoughtforms” ed “Etheriel” ad esempio risuonano di quelle chitarre elettriche vagamente anni ‘60, solo leggermente sporcate dal punk e di vocine femminili eteree e un po’ stentate che erano fra i marchi di fabbrica più ricorrenti dei gruppi britannici dell’epoca. Se si salta poi ai pezzi prodotti da Robin Guthrie, si fa evidente invece l’eco dei suoi Cocteau Twins (“Monochrome” è un esempio particolarmente vistoso), altro nome imprescindibile del periodo. Il materiale più recente mostra più destrezza compositiva e maggiore confidenza vocale: l’indie pop era ormai diventato ufficialmente un mezzo per farsi strada anche nelle classifiche, e i gruppi si attrezzavano per essere all’altezza della situazione. Canzoni come “Single girl” o “Hypocrite” avrebbero ancora le caratteristiche buone per farsi notare anche adesso, magari con suoni un po’ più aggressivi e una cantante sufficientemente bonazza per fare la sua figura in un video da alta rotazione su MTV. Forse è proprio questo a fare malinconia: Emma Anderson e Miki Berenyi sono riuscite ad arrivare arrivate alle classifiche con un misto di divertimento, incompetenza e istinto per le melodie orecchiabili. Adesso, tentare un’avventura del genere seguendo moduli stilistici simili ai loro richiederebbe un dispiegamento di mezzi notevole e una volontà di carriera degna del manager più bieco. E il fatto che la storia si sia chiusa con il suicidio del batterista Chris Acland aggiunge una ulteriore nota di tristezza.
(Paolo Giovanazzi)
(Paolo Giovanazzi)