Sara Lee - MAKE IT BEAUTIFUL - la recensione
Recensione del
25 feb 2001
Dopo un considerevole numero di anni (20) passati a fare la bassista per l'
uno o per l'altro - tra i tanti Ani DiFranco, B-52, Robert Fripp, Fiona
Apple - Sara Lee arriva, è il caso di dirlo, al suo sudato debutto. Con un
album, "Make it beautiful", che ha visto la luce proprio grazie alla
Righteous Babe, l'etichetta della DiFranco. Sembra che quest'ultima abbia
voluto premiare la costanza e la fedeltà di un'ex ragazza che cominciò
giovanissima la sua carriera nel mondo della musica, entrandovi per la porta
più stretta e faticosa: Sara Lee faceva la segretaria alla Polydor, e
cominciò a suonare quasi per caso. "Make it beautiful", nonostante gli
sforzi di quanti hanno partecipato all'operazione, resta però un album
carico di limiti. "Il mio disco è molto funky", ha detto Sara Lee, e in un
certo modo questo è vero. Chiaro, la sezione ritmica è in evidenza:
difficile aspettarsi qualcosa di diverso da una bassista storica, che ha
detto di aver composto le canzoni con il suo amato strumento in mano.
Elemento che emerge ovunque: difficile pensare a un disco in cui il basso
abbia più peso, vita, rilevanza che in questo.
La DiFranco firma i testi di due canzoni, "Make it beautiful" e "Hood over
hood"; Emily Sailers delle Indigo Girls ha scritto le parole di "Grace", e
nessun brano è firmato interamente dalla Lee, che per sua stessa ammissione
non sarebbe capace di occuparsene dall'inizio alla fine. E proprio qui sta l
'inghippo: per essere vero, buon "vecchio" rock americano a quest'album
manca una coerenza interna; le molteplici mani che vi hanno lavorato forse
non si sono preoccupate di regalargli una vera anima, e i pur evidenti
sforzi di Sara Lee di renderlo un lavoro unitario non centrano l'obbiettivo.
A ciò si aggiunga che la signora non è una vera cantante: "Make it
beautiful", per questi motivi, resta un disco di modesto valore, che si può
ascoltare senza troppi patimenti, ma che non corrisponde allo sforzo e al
lavoro che ci sta dietro. Auguriamo a Sara, la prossima volta, di riuscire
davvero a "farlo bello"
(Paola Maraone)