Per il resto il nuovo doppio album di Metheny contiene cover famose ("Giant steps", "All the things you are"), classici del repertorio del Pat Metheny Group ("James", "So may it secretly begin"), delle sue escursioni soliste ("Into the dream", "Question and answer") e tre inediti ("Night turns into day", "Counting Texas" e "Faith healer"), e sembra quasi assemblato con l'obiettivo di ridisegnare una scaletta che tragga spunto dalle sue variegate esperienze artistiche per rileggerle con le potenzialità del trio. Bisogna dire subito, per allertare i fan del Pat Metheny più lirico e liquido, che in questo album troveranno ben poco delle sognanti atmosfere del Pat Metheny Group: niente tastiere, niente assoli appoggiati, quasi cantati, su tappeti di piano e una ritmica morbida e veloce, niente contaminazioni brasiliane o etniche. Del resto Metheny ha sempre inframmezzato la sua attività con il PMG, divenuta sempre più mainstream con il passare degli anni, con incursioni in territori jazz dalle coordinate spesso proibitive: chi ricorda il trio di "Rejoicing" (1984) e l 'omaggio a Ornette Coleman "Song X" (1986) sa di cosa stiamo parlando. Piuttosto, "Trio live" sembra la testimonianza più fedele e omnicomprensiva del 'jazz evoluto' che Pat Metheny è arrivato a praticare adesso che si avvicina alle 50 primavere, un jazz capace di mescolare di continuo i suoi linguaggi base (be bop, cool, free) viaggiando ad un alto grado di perfezione formale e poetica. Si suona da professionisti, in interplay con se stessi oltre che con gli altri; ogni sentire è espresso da uno, amplificato dagli altri, ricatturato e rimesso in circolo da chi lo aveva liberato poco prima. Metheny si prende i suoi assoli e ne lascia altrettanti ai suoi pard, coinvolgendoli in un paio di esperimenti ardimentosi a tratti al limite del rumorismo, come nel caso di "Faith healer", o di grande libertà formale, come nella conclusiva "Counting Texas". John Coltrane, Ornette Coleman rimangono oggi più che mai i suoi punti di riferimento, cui buona parte del lavoro fatto con il nuovo trio si ispira, ma non si possono dimenticare alcuni passati esperimenti musicali (l'album "Zero tolerance for silence", puro rumorismo per chitarra) per comprendere il significato di certe sfide che Metheny si lancia da solo. "Trio live" è forse un album poco fruibile, raramente in grado di parlare quella lingua trasversale che ha reso Metheny uno dei chitarristi più celebrati del pianeta, ma tant'è: è un album in cui il jazz domina sovrano con il suo combo più insidioso e perfetto, il trio. Roba da professionisti.
(Luca Bernini)