Chris Rea - KING OF THE BEACH - la recensione
Recensione del
21 dic 2000
Un disco di quelli che rischiano di passare
inosservati, questo in cui il Re della Spiaggia Chris
Rea, reduce da sette operazioni chirurgiche in sei
anni, duramente provato dalla vita e dallo sforzo per
restarci (in vita, appunto), dimostra che anche a cinquant'anni
(quanti ne ha lui) musicalmente si può avere qualcosa
da dire. Così "King of the beach", la canzone che dà
il titolo all'album e che lo apre, fa subito venire in
mente il Tom Jones di "Reload": voce aspra e rauca e
segnata, quella di Rea, che scoprì la passione per la
musica solo a 19 anni e solo perché aveva litigato
ferocemente con il suo professore di italiano. E che
per i trent'anni successivi (quelli che sono trascorsi
finora) ha più volte pensato di smetterla con la
musica, pur dimostrandosi in grado di sfornare
successi da numero 1 in classifica. Ma sentite ora che
combina questo signore stanco e affaticato: ci
sforna come seconda traccia l'incalzante, suggestiva,
spiraliforme "All summer long" (che ci dicono esistere
anche in versione remix, per la gioia del popolo di
Ibiza), e poi, subito dopo, la dolce "Sail away",
parole lente su piano lento e altri strumenti ridotti
all'osso, che fa venire in mente un innamorato d'altri
tempi, intento a far la serenata alla sua bella; e poi
"Still beautiful", letteralmente "Ancora bella", frase
che potrebbe benissimo essere adattata alla musica di
Rea.
Il resto del disco, dal quinto brano in poi, perde un
po' di mordente e di ispirazione, tanto da insinuare
il sospetto che Rea abbia voluto giocarsi all'inizio
le cartucce che riteneva essere le migliori. Peccato
veniale: si procede dignitosamente fino alla fine, e a
meno che non vi aspettiate un'esplosione alla Red Hot
Chili Peppers, potrete gustarvi "Rea il calmo" senza
pentirvi di aver comprato l'album.
(Paola Maraone)