Lei è la sorella di Rollo, mente dei Faithless, in cui ha militato per un po’ di tempo come vocalist. Questo disco unisce una chiara radice cantautorale (firma tutte le canzoni del disco, spesso insieme al fratello) ad una passione per gli arrangiamenti elettronici. Vengono in mente due nomi, come paragone: David Gray e Beth Orton. Come entrambi è inglese, è stata scoperta in ritardo sull’uscita (ma non troppo, in fondo è solo al primo disco; Gray ci ha messo sette anni per ottenere quello che si meritava) e gioca a unire tradizione e modernità. Ma rispetto ad entrambe, Dido conserva una più spiccata matrice pop (le citazioni Depeche Mode di “Hunter”, per esempio), che la rende decisamente più solare, cantabile e, perché no?, radiofonica.
“No angel” è un disco che scorre via con una facilità impressionante, ma lasciando traccia e rimanendo in testa. Questo grazie a melodie ben costruite e ben arrangiate (“Here with me”, “Don’t think of me”, “Thankyou”), che giocano sul confine tra suoni cupi e l’eterea voce della cantante (la title-track, “Slide”). Dido, peraltro, dà il suo meglio quando osa di più, come nella conclusiva “Take my hand”, musicalmente abbastanza diversa da resto del disco: il brano parte con voce e una semplice chitarra acustica, ma si evolve in un complesso intreccio di archi e beats. Il capolavoro di un disco da ascoltare.
(Gianni Sibilla)