Roger Taylor - ELECTRIC FIRE - la recensione
Recensione del
31 ott 1998
Roger Taylor è un privilegiato. Diventato miliardario con i Queen (nei
quali forse non era la principale fonte di idee, ma rivestiva un ruolo non
trascurabile, all'ombra dei giganteggianti Mercury e May), ha da sempre
fatto, lungo un percorso solista coltivato con amore, la musica che voleva.
Non è così tanta la gente al mondo che può permetterselo, senza fare i
conti col mercato. Taylor può altresì contare su uno zoccolo duro di fans
dei Queen pronti a seguirlo. Quindi, ogni suo lavoro è da ritenersi
composto in assoluta libertà realizzativa. Che dire? Che "Electric fire",
album vagamente "concept", è un buon disco di un onesto musicista che ha
maturato i suoi gusti e la sua cifra compositiva in un certo periodo, e di
tale periodo ahinoi trascorso resta - e ci mancherebbe - un alfiere. "A
nation of haircuts" (niente male come titolo) e "No more fun" permettono di
tornare sulla lunghezza d'onda del quartetto d'oro (e tutti noi le
conosciamo, per esserci sintonizzati prima o poi su Radio Gaga), e a un
ascolto non intensivo ci si trova anche benino. Non così bene però da
spingere questo disco fuori della sfera del "cult" per gli aficionados.
Qualche pezzo è interessante dal punto di vista dei testi o come curiosità
stilistica ("People on streets") e conferma il talento eclettico dell'uomo
che era qualcosa di più che un batterista, ma onestamente non ci sentiremmo
di consigliarlo a chi non è suddito della Regina.
Tracklist:
Pressure On
Nation of Haircuts
Believe in yourself
Surrender
People on streets
The whisperers
Is it me?
No more fun
Tonight
Where are you now?
Working class hero
London town - C'mon down