| (Paolo Madeddu) |
Chicane - BEHIND THE SUN - la recensione
Recensione del 15 ott 2000
Si sa, c’è un filo sotterraneo che lega certa musica dance alle atmosfere sognanti e progressive di alcuni invasati della tastiera degli anni ’70. William Orbit o gli Enigma devono aver ascoltato parecchio Jean Michel Jarre, tanto Vangelis, e forse persino gli ultimi Tangerine Dream. Niente di più facile che tali paesaggi sintetizzati siano stati frequentati anche da Nick Bracegirdle, alias Chicane. Il quale si è conquistato una certa notorietà nei club di Ibiza e Londra grazie all’apporto di due voci sottratte al loro ambito, e inaspettatamente convertite alla dance: Bryan Adams e Máire Brennan dei Clannad. Il primo canta in “Don’t give up”, la seconda si vede campionata in “Saltwater” (ispirata da “Harry’s game” del gruppo irlandese). Va detto che, nonostante il pubblico abbia premiato il primo dei due brani, è la voce “celtica” della Brennan a rendere migliore servigio al sognante tappeto elettronico tessuto dal DJ e produttore britannico. Questo perché la sua dance guarda voluttuosamente alla new age, con brani lunghi e dolcemente ripetitivi, soffici mantra strumentali attraversati persino da delicate arditezze acustiche. Chicane/Bracegirdle sa bene che nel 99% dei casi un album dance diventa insopportabile dopo tre mesi, e sceglie di smussare i toni anche dei brani “d’attacco” – facile immaginare che nelle discoteche siano destinate a circolare versioni anche più “tirate”, ad esempio, di “Halcyon”, mentre alle radio potrebbe piacere la delicata vocalità di "No ordinary morning", pezzo comunque destinato ad arricchire le compilation “afterhours”. Alla fine, “Behind the sun” si rivela un piacevole disco da sottofondo, magari privo di emozioni forti, ma gradevolmente carezzevole. Da segnalare una curiosità: prendendo il foglio del booklet e facendone combaciare le due estremità, si può vedere una foto a 360°, una “strisciata” panoramica scattata da Bryan Adams.