"Black And Blue", pubblicato nell'aprile del 1976, fu un album che per gli Stones segnò una svolta sonora decisiva. All'epoca non fu molto compreso né apprezzato. Lo stesso Keith Richards, chitarrista del gruppo, disse che "non era granché", laddove il noto critico Lester Bangs lo affossò senza pietà, descrivendolo come il primo disco "insignificante" mai realizzato dal quintetto. Una mera assurdità, visto il suo valore qualitativo globale. Certo, la sua genesi fu un tantino turbolenta dato che coincide con l'abbandono del chitarrista Mick Taylor, le cui idiosincrasie lo avevano portato a lasciare il gruppo nel 1974. Tra frustrazioni creative, lotte personali con la tossicodipendenza e disillusione per lo stile di vita caotico, di cui era ampiamente nota la band, Taylor digeriva peraltro poco il fatto che il suo contributo musicale non venisse pienamente riconosciuto da Jagger e Richards, sentendo di voler perseguire i suoi progetti solisti e credendo quindi di dover fuggire dall'ambiente troppo tossico degli Stones.
Nonostante questo, i lavori per il disco partirono ugualmente col solo Richards alla chitarra, ma invece che trovare un rimpiazzo per Taylor in separata sede, il gruppo invitò alcuni chitarristi a passare da Rotterdam (anche se l'album era partito a Monaco) dove si sarebbero tenute le sessioni. Parliamo di strumentisti quali Harvey Mandel (Canned Heat), Wayne Perkins, Robert A. Johnson, ma anche di nomi di più alto profilo: Steve Marriott, Rory Gallagher e Jeff Beck. Alcuni fra essi avrebbero persino lasciato un contributo significativo rispetto al materiale dell'album, ma alla fine il sostituto di Taylor fu individuato in Ronnie Wood, ex membro dei Faces. Lo stesso che aveva già contribuito alla traccia del titolo dell'album "It's Only Rock 'n Roll", figurando poi come membro ad interim degli Stones durante il tour nordamericano del 1975.
It's (not) only rock and roll - gli Stones come mai prima
A differenza di Taylor, Wood, che sarebbe diventato un membro ufficiale del gruppo solo nell'aprile del 1976, cioè con l'uscita di "Black And Blue", accettò la rigida politica interna della band riguardo ai crediti di composizione, quasi esclusivamente riservati alla coppia Jagger/Richards. Rispetto al primo album che registrò con loro, pur apparendo su pochi pezzi, Wood sarebbe quindi apparso solo per "ispirazione" nei punti in cui avrebbe contribuito alla scrittura. Aiutati dai pianisti collaboratori Billy Preston e Nicky Hopkins, gli Stones assemblarono nondimeno una serie di composizioni che avrebbero messo in luce una certa volontà di travalicare il blues-rock solito e ormai scontato da essi operato per troppo tempo. "Hot Stuff" apriva l'album esplodendo dalle casse con un disco-funk rock sudicio e altamente sensuale. Seguiva "Hand Of Fate", graffiante ritorno al rock and roll più classico, sì, ma con una nuova energia, pura e grezza. "Cherry Oh Baby", cover in chiave reggae di Eric Donaldson, si rivelò essere una scelta audace, cui sarebbe seguito il vero gioiello di "Black And Blue", una ballata malinconica di oltre sette minuti, "Memory Motel", trascinata da un toccante duetto vocale tra Mick Jagger e Keith Richards. Quest'ultimo non suonò la chitarra nel brano, strumento che fu invece lasciato a Harvey Mandel (per la parte elettrica) e a Wayne Perkins (per la parte acustica), gli stessi che il gruppo aveva pensato come possibili sostituti per Mick Taylor. "Fool To Cry", l'unico singolo dell'album, era una ballata che mostrava un lato vulnerabile ma non inedito di Mick Jagger (ricordiamoci della sua struggente interpretazione vocale in "Angie"). E se lo swing slittante intitolato "Melody" era una collaborazione con Preston, in omaggio al jazz e al blues di New Orleans, "Hey Negrita" (titolo che ispirò poi il nome di un noto gruppo italiano) era un altro brano funk-rock dalle influenze latine (cui partecipò attivamente Wood), prima della chisura data dal rock blues lercio di "Crazy Mama".
Amabili controversie - La copertina
A New York per dare gli ultimi ritocchi al disco, la band incontrò il fotografo fashion giapponese Hiro, il quale eseguì lo scatto per la copertina, la stessa che poi fu stilizzata al punto da risultare insolitamente patinata per un gruppo come gli Stones. Con l'uscita dell'album, che raggiunse senza problemi la vetta della US Billboard, scoppiò una polemica a causa di un cartellone promozionale che mostrava una modella, Anita Russell, immobilizzata da Jagger e apparentemente contusa, con la didascalia "I'm "black and blue" from the Rolling Stones - and I love it!". Qualcuno vi lesse un riferimento implicito alla violenza domestica che suscitò indignazione presso i movimenti femministi, portando alla rimozione del cartellone (storie di un tempo, ma sempre attuali). Nonostante la controversia, la copertina del disco avrebbe brillato particolarmente nella sua vivida colorazione, e resta senz'altro fra le più iconiche della discografica del gruppo (gli Hanoi Rocks, glam sensation finnica mai dimenticata, l'avrebbero omaggiata sulla cover del loro album finale, "Two Steps From The Move").
La nuova edizione deluxe: uno sforzo da premiare
Per ricordarne l'importanza, il disco esce oggi in un formato super ampliato, un'edizione "50th Anniversary" da collezione, ma dove è l'aspetto "audiofilo" a porsi come la cosa più interessante tra tutte. L'album originale è stato completamente remixato in stereo da Steven Wilson, ancora lui, sì, con l'obiettivo di migliorare la chiarezza sonora senza alterarne l'essenza (un tratto tipico del tocco prettamente "British" di Wilson). Il vero valore aggiunto è però il materiale inedito che questa riedition a firma Universal offre. E cioè un disco intitolato "Outtakes and Jams" arrecante un paio di succose "impro" (realizzate nei giorni del reclutamento del chitarrista) con Jeff Beck e Harvey Mandel. Inclusi ci sono però anche il concerto tenuto all'Earls Court di Londra nel maggio 1976; un'apparizione inedita del live a Parigi del giugno 1976 (in Blu-ray) e una serie di altri mix audio avanzati (completano l'esperienza cento pagine di un libro fotografico a colori, con un saggio di Paul Sexton e un poster replica del suddetto concerto di Parigi). La cover version di "Shame, Shame, Shame" di Shirley & Company (con la calda Chanel Haynes ai cori) è d'impatto notevole, e lo stesso si potrebbe affermare per l'inedito "I Love Ladies" (con Jeff Beck come ospite). Pertanto, tutto sommato e considerato, abbiamo davanti un'operazione di recupero che rende sicura giustizia a un album fondamentale nell'evoluzione dei Rolling Stones. Per quanto parlare di "evoluzione", riferendosi a un gruppo così, sarebbe quasi un insulto.