Il tempo è fondamentale, in musica. Sia come fondamento di una composizione, sia come fonte d'ispirazione. È un tema su cui quasi ogni artista si trova a fare i conti, prima o poi: Franco Battiato, Ivano Fossati, i Pink Floyd, i Coldplay. Da “Il tempo e la distanza” fino a "Clocks", sono tante le canzoni che raccontano il rapporto con lo scorrere delle lancette. "Tempo" di Laila Al Habash si inserisce in questo filone, con gli occhi di chi, a 26 anni, vede il presente come "un posto molto difficile in cui stare".
Il tempo è stato clemente con la giovane cantautrice italo-palestinese. Dopo l'esordio con "Mystic Motel", Chris Martin la sceglie per aprire i concerti dei Coldplay a Napoli; poi Lana Del Rey fa lo stesso a Lido di Camaiore. C'è un'inquietudine artistica in questa ragazza, una tensione verso la meditazione anomala per la sua età. Già sulla copertina di "Long Story Short", EP dell'anno scorso, campeggia un'enorme clessidra, perché il tempo "è un tema che mi attanaglia", dice Al Habash.
La dimensione ideale della cantautrice non è il presente, in effetti. Dal disco emerge chiaramente l'amore per la musica italiana di un tempo, quella compresa tra i Cinquanta e i Settanta, e il conseguente sforzo di adattare l'interesse per quegli anni alle richieste del mercato odierno. "Voglia", per esempio, suona come un brano indie-pop del 2025, ma è una risposta ideale a "E salutala per me" di Raffaella Carrà. "Non dire bugie, so già cosa stai facendo... salutala per me" canta Raffaella; "Soffierà la tramontana, la scalderai dal freddo come a me non hai fatto mai... fallo con lei" canta Laila. Il coraggio e la rivoluzionarietà di una donna straordinaria che dal 1979 arrivano a noi e continuano a vivere grazie a un'altra splendida voce femminile che ribalta i ruoli da stereotipo: "Ti servo perché sei un uomo vero", dice in "Mi servi".
A proposito di passato, nel cuore dell'album c'è un titolo che non può non rievocare dolci ricordi a chi ama il cantautorato italiano: la settima traccia si chiama "C'è tempo", come il capolavoro di Fossati del 2003. Ma la canzone di Al Habash non ha niente a che vedere con la riflessione struggente di "Lampo viaggiatore": al contrario, vuole essere un momento di pausa e di leggerezza, una necessità particolarmente sentita dall'autrice in una società che ci considera validi solo se iper-performanti e produttivi.
In questo contesto, "Tempo" vuole essere un'occasione per rallentare, magari per riscoprire un’identità plurale e immaginare un mondo in cui i confini - non solo linguistici - si diluiscono e si mescolano. L’italiano, l’inglese e l’arabo si mescolano, come in "Sahbi", una scelta che non solo racconta molto della storia dell'artista ma che dà anche colore al disco e lo arricchisce di diverse stratificazioni culturali. Laila Al Habash ci regala un pop che sfida le convenzioni e che, ancora una volta, dà spazio a una donna vulcanica e sognatrice.