Gli Zen Circus sono tornati irriverenti e caustici

Un ritorno alle radici, ma con testi maturi che se ne fregano ancora di ogni retorica.

Recensione del 29 set 2025 a cura di Claudio Cabona

Voto 7.5/10

Undici tracce per uno dei loro lavori più crudi e diretti in cui l’oscurità viene affrontata nelle sue molteplici forme. La title track del nuovo album degli Zen Circus, “Il Male”, come quasi sempre accade nei loro dischi, si occupa di accendere le luci su un tema generale. Il lavoro si sviluppa intorno all’idea del “male” come grande argomento “rimosso”. Allontanato dalla narrazione artistica, intellettuale e colloquiale, scacciato in favore della retorica. Vietato a suon di ban e shitstorm. Obliterato in favore di un “bene” sempre più finto, globalizzato e pubblicitario. “E per questo motivo il male oggi sembra sempre più normale, spaventoso, profondo”, sottolinea Andrea Appino nella nostra intervista. Gli Zen sono tornati: irriverenti e caustici come agli inizi, ma maturi come impone la loro età, nel sound e nella scrittura. “Il Male” è uno dei dischi migliori di Appino, Ufo e Karim Qqru perché unisce in modo non forzato critica sociale, racconto dei sentimenti, schitarrate e melodie pop a un atteggiamento menefreghista e punk che oggi, nella musica popolare, sembra quasi scomparso.

Il disco, dopo la title track esplicativa, prosegue con “Miao”. Nel 2016, nel brano “Ilenia”, gli Zen usarono per il testo estratti di un carteggio che Appino e Mdm, una sua amica, avevano intrapreso. “Miao” altro non è che la prosecuzione di quel carteggio, dopo 9 anni di silenzio fra i due. “È solo un momento” è una canzone dedicata a chi almeno una volta nella vita si è detto “Stai tranquillo, è solo un momento”. È una ballata intensa sulla solitudine, che però non ha nulla di lacrimevole. “Meglio di niente” parla della fine di una lunga storia, ma anche in questo caso la retorica e il piangersi addosso sono banditi, pur restando un sapore amaro. “Novecento” è puro divertimento: elenchi apparentemente casuali di persone tutte nate nel XX secolo, si va da Putin a Gerry Scotti, che si lamentano ognuna a modo loro del mondo che cambia. “Caronte” è una ninnananna ammaccata che ricorda quanto il male, a volte, possa essere piacevole.

“Vecchie troie” torna a scuotere, con un ghigno punk rock: sembra un attacco alle nuove generazioni, ma in realtà è un puntarsi il dito addosso tutte quelle volte che non si accetta lo scorrere del tempo. Cosa potrebbero capire di noi gli archeologi di un futuro lontanissimo, scavando fino a trovare i nostri resti? “Un milione di anni” si interroga su questo, per poi lasciare beffardamente campo a “Virale”, uno schiaffo al mondo patinato e glamour che crede di essere dalla parte del “bene”. “Adesso qui” e “La fine” chiudono il cerchio, indagando ancora nei sentimenti e tra i cocci esistenziali rimasti, arrivando a svelare la chiave dell’album: “il male siamo noi”.

TRACKLIST
01. Il Male
02. Miao
03. È solo un momento
04. Meglio di niente
05. Novecento
06. Caronte
07. Vecchie troie
08. Un milione di anni
09. Virale
10. Adesso e qui
11. La fine

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