Non mi stanco di ripeterlo, ogni volta che ne scrivo: Jason Isbell è il miglior cantautore rock americano in circolazione, il miglior erede di Tom Petty, Bruce Springsteen e Neil Young. Forse uno dei pochi, per un genere come il rock classico che è in una fase di riflusso, se non di crisi.
La grandezza di Isbell sta proprio lì, nel riprendere quel tipo di suono e di scrittura, ma con una contemporaneità nei temi delle sue canzoni che non si trova da nessun’altra parte. E ritroviamo tutto questo in “Foxes in the Snow”, un album completamente acustico, senza la sua band, i 400 Unit, una sorta di corrispettivo moderno della E Street Band o degli Heartbreakers.
Un cantautore fuori dagli stereotipi
La grandezza di Isbell sta nella sua storia e in come si riflette nelle sue canzoni: arriva dal sud degli Stati Uniti, ma è lontano mille miglia dagli stereotipi del southern rock. Anzi, canta le contraddizioni dell’uomo bianco americano come nessun altro, a partire dalla sua uscita dall’alcolismo fino a una messa in discussione del maschilismo, che in America è tornato prepotentemente di moda e che è sempre stato parte del patrimonio del country, il genere da cui proviene.
“Don’t be tough until you have to / Take your heartbreak on the chin / Don’t forget the shit you went through”, canta in una delle canzoni di questo album.
Un break-up album
“Foxes in the Snow” è sostanzialmente un break-up album: Isbell si è separato recentemente da Amanda Shires, cantautrice e violinista e pure membro della sua band. Assieme erano una delle power couple della musica americana, con un rapporto complicato già raccontato qualche anno fa in un documentario della HBO (sì, in America Isbell è così rilevante che il network di “Game of Thrones”, “I Soprano” e “White Lotus” gli ha dedicato un documentario).
Isbell racconta che queste canzoni sono così personali che non voleva nessuno attorno: così è entrato in studio e, in pochi giorni, le ha incise, voce e chitarra. Una sorta di “Nebraska”, dove il tono dark non è quello dei personaggi di Springsteen, ma quello di un uomo alla ricerca di sé stesso. “And now that I live to see my melodies betray me / I’m sorry the love songs all mean different things today”, canta in “Gravelweed”, uno dei brani centrali dell’album.
Un disco disarmante
L’album è di una bellezza disarmante: Isbell è un grande chitarrista acustico e, ogni tanto, tira fuori melodie così belle da spezzarti in due, come “Good While It Lasted”, altro titolo che è tutto un programma, o "True believer".
La grandezza di Isbell si vede soprattutto quando è con la band (potete recuperare uno degli album dal vivo o i vari video che girano in rete). Ma “Foxes in the Snow”— per quanto reso più difficile dal tono dark delle canzoni e dei testi — conferma il talento di uno dei migliori, se non il migliore, songwriter americano della sua generazione.