Per entrare dentro a un nuovo genere musicale c'è bisogno di passione, devozione e soprattutto tempo. Dieci anni oggi nel mondo della musica sono un intervallo di tempo decisamente importante, ed è quello che è servito a Davide Arneodo - anche a causa del Covid - per far uscire l'esordio del suo progetto elettronico Perdurabo.
Elettronica suonata tra malinconia e potenza
Davide Arneodo è conosciuto ai più per essere un polistrumentista di formazione classica che è stato negli ultimi anni il tastierista e violinista del gruppo dei Marlene Kuntz. Complice le sue frequentazioni a Berlino, città in cui ha vissuto per alcuni anni, ed essendo entrato in contatto con importanti realtà della scena elettronica dello scorso decennio, è rimasto infatuato da questo genere e ha deciso di buttarsi in questo progetto.
Il risultato è “Magnetar”, un disco dal respiro internazionale e non solo perché è stato registrato tra Berlino, Londra e l'Italia o perché cantato in lingua inglese, ma anche per la sua attitudine di non porsi confini tra generi e stili.
Le nove tracce dell'album mettono insieme elettronica suonata, rock industriale, un retrogusto gotico ma anche belle melodie pop tra malinconia e potenza. C'è un fil rouge che unisce tutte le canzoni ed è il potente drumming suonato Jörg Wähner degli Apparat, presenza fondamentale come quella del produttore britannico Gareth Jones e dell'ingegnere del suono Matt Colton che ha già lavorato con James Blake, Thom Yorke e Arctic Monkeys.
Le canzoni
La traccia iniziale strumentale che dà il titolo all'album fa subito capire che si fa sul serio: una perfetta fusione tra rock e techno, la batteria trascinante e le spirali di synth suonate da Arneodo in certi frangenti mi hanno ricordato i crescendo più potenti di The Album Leaf. In “Hopes”, “Cast Stones” e “Rushing Rapids” si sposano perfettamente i synth cupi e strazianti con le voci dolci, armoniose e leggere. C'è un bel gruppo di collaboratori che offre la loro voce, nessuno di questi particolarmente famoso, ma tutti tremendamente efficaci, da Roman Rappak del collettivo Miro Shot alla bravissima ECHO (Cloe Charles, nome da segnare) fino all'interessante e profonda voce dell'anglo-ugandese Daudi Matsiko. L'impressione è che ci sia una grande cura in ogni particolare e dettaglio, senza per questo rendere "Magnetar" un progetto freddo, ma semmai artigianale. Anche i testi sono tutti legati al tema dellla resilienza, che riesce a dare sostanza alla parola Perdurabo, che in latino significa durerà fino alla fine.
In alcune canzoni - come nella già citata “Rushing Rapids” - in molti potranno riconoscere la chitarra di Jochen Arbeit degli Ainsturzende Naubauten. C'è poi un'altra traccia strumentale che vale la pena segnalare: si intitola “Berlin Rain” e che nel mix di synth ipnotici e ritmi fragorosi riesce a ricreare la malinconia potente e di grande atmosfera che è la grande forza di questo disco