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«THE BALLAD OF DARREN - Blur» la recensione di Rockol

I Blur sono tornati più saggi e struggenti, ma sempre irrequieti

"The Ballad of Darren" riflette con malinconia sulla vita e segna il grande ritorno della band.

Recensione del 20 lug 2023 a cura di Claudio Cabona

Voto 8.5/10

La recensione

I Blur non si sono mai separati o sciolti ufficialmente, hanno voluto seguire altre correnti dopo il tour di “The Magic Whip” del 2015: nella band c’è chi come Damon Albarn si è dedicato ai Gorillaz e ai suoi progetti solisti, ma anche chi come Alex James ha preferito produrre formaggio nella sua fattoria. Amici che non si possono e non si vogliono separare. "The Ballad of Darren" ne segna il ritorno, un grande ritorno.

Riflessioni sulla vita

Gli scalmanati di Colchester sono cresciuti e maturati, mai come in questo progetto si capisce quanto siano cambiati nel tempo raggiungendo i tratti da rocker più adulti e saggi, ma non perdono la loro irrequietezza musicale e umana: sono partiti con l’esordio del 1991 tuffandosi nel mare morbido del Britpop per poi passare al mondo più grezzo e punk di “Parklife” arrivando fino al rock più di stampo alternativo nell'omonimo album del 1997, una svolta voluta da Graham Coxon. Con “The Magic Whip” del 2015 sono tornati sulle scene dopo dodici anni di stop e anche in quel caso, musicalmente, non si sono mai dimostrati del tutto allineati, sempre in viaggio.

Un iter che li porta oggi a "The Ballad of Darren", un disco con momenti energici, ma tanti, la maggior parte, più malinconici e intensi. "Ho appena guardato nella mia vita e tutto quello che ho visto è stato che non tornerai", canta Albarn nel pezzo d’apertura “The Ballad”. Tanti i richiami ad amici (il titolo fa riferimento a Darren "Smoggy" Evans, l’ex guardia del corpo del gruppo, che attualmente lavora per il frontman che gli disse di chiudere il pezzo “The Ballad” tanti anni fa), al tempo che passa, alle distanze, agli errori, agli amori che sembrano scivolare via, all’ego. La nuova fatica parla del superamento delle ferite, del “dopo” dolore.

La cover

La cover del disco è una foto scattata da Martin Parr e immortala il dentista Ian Galt intento a nuotare nella sua attività di recupero della mobilità dopo un terribile incidente a seguito del quale avevano previsto la sua impossibilità nel riutilizzo delle gambe. Ma non è andata così. Nella sua rinascita, in qualche modo, oggi si rispecchiano i Blur, che con questo disco è come se ci dicessero di rimanere aggrappati, a tutti i costi, alla vita. Ma non è una paternale, è un urlo strozzato: “vivi al massimo”. Ovviamente ci sono anche episodi più ironici, ma le sensazioni che rimangono addosso dopo l’ascolto dell’album sono tutt’altre. Questo disco in qualche modo è una questione di affetti, di famiglia, fuori e dentro la band come hanno dimostrato i grandi show messi in piedi a Wembley: tutti si sentono coinvolti (leggi qui la nostra recensione del primo dei due live a Londra). La serietà dell’inizio si spezza con "St Charles Square" che riporta indietro nel tempo ai Blur più rock: un'esplosione di chitarra che ricorda "Beetlebum" e non è un caso che questo sia un pezzo che la band ha messo in scaletta in quasi tutti gli show del 2023 senza pensarci due volte.

Leonard Cohen

In “Barbaric” c’è un groove prima elettronico, poi caldo e familiare, che fa da contraltare alle parole di Albarn: "Ho perso quella sensazione che pensavo non avrei mai perso”. "Russian Strings" e l’emozionante "The Everglades", dedicata a Leonard Cohen, scritta dopo che la voce del gruppo aveva visto un murale con raffigurato il grande cantautore mentre registrava i primi demo nella sua camera d'albergo di Montreal, fanno da apripista a "The Narcissist", una delle migliori canzoni scritte dai Blur, con quell’energia che rimane sottopelle, venata. Non ha nulla di particolarmente strutturato o di sorprendente, ma sembra una canzone capace di viaggiare nel tempo, imprendibile. "Goodbye Albert" è una lezione di musica e di arrangiamenti: è una delle tracce più significative del progetto, soprattutto a livello strumentale.

Uno status intatto

Lo stesso effetto, ma per motivi diversi, lo genera “The Heights”, un altro gioiello, più semplice, acustico e diretto. E anche qui ci sono saluti, addii e arrivederci in quel “questo è per te” che finiscono in una coda di sound distorto come se fossero i titoli di coda di un’esistenza che non può far altro che ardere. "The Ballad of Darren" è un album brillante e musicalmente affascinante, il più struggente della loro carriera, ha una carica emotiva potentissima che si sviscera in pezzi più lenti. È un disco che mantiene intatto lo status dei Blur: una delle band rock più importanti degli ultimi trent’anni.

TRACKLIST
01. The Ballad
02. St. Charles Square
03. Barbaric
04. Russian Strings
05. The Everglades (For Leonard)
06. The Narcissist
07. Goodbye Albert
08. Far Away Island
09. Avalon
10. The Heights
11. The Rabbi
12. The Swan

Tracklist

01. The Ballad (03:36)
02. St. Charles Square (03:55)
03. Barbaric (04:08)
04. Russian Strings (03:37)
05. The Everglades (For Leonard) (02:56)
06. The Narcissist (04:05)
07. Goodbye Albert (04:16)
08. Far Away Island (02:57)
09. Avalon (03:05)
10. The Heights (03:23)
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