Francesca Michielin ha tirato fuori la sua attitudine riot

La recensione di "Cani sciolti", la ribellione in musica della cantautrice, mai così a fuoco.

Recensione del 24 feb 2023 a cura di Mattia Marzi

Voto 7/10

Da un disco pieno zeppo di featuring di ogni tipo, in cui provava a far convivere i Maneskin, Fabri Fibra, Takagi & Ketra e Max Gazzè, a un disco in cui fa tutto da sé: scrive, compone, arrangia, produce, suona e canta. Senza lasciarsi condizionare da mode e tendenze: “I cani sciolti sono quelli che si ribellano agli schemi”, racconta Francesca Michielin, spiegando il significato del titolo di “Cani sciolti”, il quinto album in dieci anni di carriera.

Più che il suo “Artpop”, è il suo “Folklore”, per citare i dischi più spiazzanti delle due paladine del pop internazionale che la cantautrice di Bassano Del Grappa cita spesso sui social, Lady Gaga e Taylor Swift. Chiaramente con tutte le proporzioni del caso. Lo ha concepito - a darle una mano nella direzione artistica ci ha pensato Giovanni Pallotti, bassista e produttore romano già al fianco di Giovanni Truppi e Marco Mengoni, mentre il mix è stato curato da Pino Pinaxa, Gigi Barocco e Ricky Damian, che contribuì a far vincere a Mark Ronson e Bruno Mars il Grammy come Record of the Year con “Uptown funk” - nel suo paesino natale, dove è tornata a vivere, tra i boschi della provincia vicentina, lasciando Milano (e pazienza se “Padova può ucciderti più di Milano”, come canta nel terzo brano del disco): “È anche in quello un po’ il mio ‘Folklore’, per come è stato scritto e per dove è stato scritto. C’è anche una certa sperimentazione nei testi, a livello di figure retoriche. L’ho concepito in contemporanea all’uscita di Taylor. Mi sono detta, scherzando: ‘Se l’ha fatto lei, posso farlo anche io’”.

In “Cani sciolti” Francesca Michielin si riappropria di una dimensione più cantautorale, intimista e riflessiva. La stessa che caratterizzava l’album d’esordio “Riflessi di me”, uscito nel 2012 a un anno dalla vittoria a “X Factor”, e in modo diverso “2640”, il disco del 2018 frutto della svolta indie pop, all’insegna delle collaborazioni con Calcutta, Tommaso Paradiso e Cosmo. In “Cani sciolti”, invece, tra gli autori che qui e là hanno affiancato Francesca Michielin nella scrittura ci sono Colapesce (“Bonsoir”), Vasco Brondi (“Piccola città”) e Fulminacci (“Ghetto perfetto”): “In questo disco è come se Francesca fosse la sorella maggiore di quella di ‘2640’. Riprendo quella scrittura intimista e riflessiva, ma rispetto a cinque anni fa qui c’è maggiore consapevolezza. E anche più rabbia, più intensità”, dice lei, che racconta di essersi ispirata non poco a Carmen Consoli, “il cane sciolto della musica italiana” per antonomasia. Si sente. Dalle schitarrate dell’intro di “Occhi grandi grandi” alla stessa “Carmen”, ispirata a una conversazione avuta con la stessa cantantessa siciliana, in “Cani sciolti” Francesca Michielin tira fuori la sua attitudine riot: “Dove sono gli artisti? Vedo solo populisti”, canta nel brano dedicato alla Consoli. Perché non si può mica compiacere sempre.

“Non c’è un pezzo con la cassa in quattro. Ne ho fatti e ne farò, ma stavolta volevo fare qualcosa di diverso. Spesso mi sono sentita dire: ‘Questo pezzo così non funziona’. Mi sono chiesta: ‘Devo mettermi a fare trap anche io?’”. Naturalmente no: in “Cani sciolti” la cantautrice veneta ha fatto tutto di testa sua, giocandosi il tutto per tutto con le sue velleità, raccontando in parole e musica la sua maturità personale e artistica. Sulla copertina piange lacrime che si trasformano in fiamme: così a fuoco, in fondo, non lo era mai stata.

Tracklist

01. quello che ancora non c'è - radio version (03:08)
02. occhi grandi grandi (03:07)
03. un bosco (03:17)
04. padova può ucciderti più di milano (03:59)
05. ghetto perfetto (02:32)
06. quello che ancora non c'è (03:12)
07. piccola città (04:07)
08. bonsoir (03:21)
09. verbena (04:02)
10. carmen (03:39)
11. non sono io la tua solitudine (03:14)
12. claudia (03:56)
13. d. punto (03:03)

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