Fino al 29 dicembre, ripubblichiamo le recensioni dei dischi candidati ai Rockol Awards 2022 nella categoria "Miglior album italiano": è possibile votare qua.
Qua invece le candidature per i migliori live.
Ci sarà tempo, per conquistare le classifiche con un nuovo tormentone, una nuova “Malibu”. Ma non adesso. Con “Cadere volare”, il suo primo vero album, Sangiovanni cerca nella sua leggerezza più profondità. E spiazza, dimostrando di voler essere di più di un idolo teen che vive in un mondo multicolor dove tutto è perfetto.
A 19 anni il cantautore vicentino lanciato da “Amici” – si è classificato secondo l’anno scorso, vincendo il circuito canto – alza già la sua personale asticella, mostrando il dito medio ai pregiudizi. Chi l’ha detto, in fondo, che se esci da un talent non puoi avere ideali? Sangiovanni le cose in cui crede le racconta in “Che gente siamo”, che se fosse stata incisa da uno come Marracash, diventato ormai un emblema del conscious rap italiano (tanto da arrivare a piacere pure agli intellettuali radical chic che firmano gli editoriali sui quotidiani), a quest’ora sarebbe già un capolavoro: “Ci rimanete male se qualcuno vi giudica / scrivete merda sotto i miei post di Instagram / mettete la bocca sui cazzi degli altri / e poi vi schifate se due maschi si amano”. Quantomeno ci prova. L’altro passaggio clou del disco è “Cielo dammi la luna”, che è un po’ l’altra faccia della medaglia della hit sanremese “Farfalle” e quindi del mondo al quale si è rifatto il cantautore con i suoi pezzi finora, da “Guccy bag” a “Tutta la notte”, passando per “Lady”: un flusso di coscienza piano e voce intimista, riflessivo, nel quale Sangiovanni si lascia andare parlando delle sue inquietudini e dei suoi turbamenti (“Se mi libero, mi libero, mi libero / e precipito, precipito, precipito / e ci sei tu per me / come posso ricambiare?”, canta).
È attorno a quei sentimenti che ruotano le canzoni di “Cadere volare”, che Sangiovanni ha scritto come reazione al successo post-Amici: la pressione, le attenzioni non richieste, le critiche, l’ansia da prestazione. Non rinuncia a sonorità e ritornelli esageratamente pop, e d’altronde ai pezzi ha lavorato con hitmaker come Dardust (c’è il suo tocco in “Cadere volare” e “Parolacce”) e Takagi & Ketra (producono “Cortocircuito”), ma nei testi Sangiovanni esorcizza il lato oscuro del successo, come aveva fatto nel singolo con Madame “Perso nel buio” (che però non è incluso nel disco), con una consapevolezza quasi disarmante: “Non è più questo il mondo, non ci sto più dentro / mi sento sempre all’angolo / un meteorite addosso, anche mi sposto / non lo posso evitare”, canta in “Se mi aiuti”. Niente duetti: non ha bisogno di ospiti di grido che garantiscano per lui, sa benissimo quello che sta facendo e si percepisce, ascoltando i dodici pezzi che compongono l’album.
Non si dà arie, non si dà toni, a differenza di certi coetanei che hanno sfondato nella musica: Sangiovanni ostenta la sua leggerezza, ma facendolo risulta più credibile di altri. “La mia musica ad un primo ascolto può sembrare leggera nel senso più superficiale del termine, ma questa è anche la mia forza. Io ricerco la leggerezza e, per farlo, spesso devo scavare in profondità per trovare le mie emozioni. Il mio obiettivo in musica è comunicare sensazioni profonde con leggerezza”, dice. In una scena di fenomeni c’è bisogno di statement del genere.