Fino al 29 dicembre, ripubblichiamo le recensioni dei dischi candidati ai Rockol Awards 2022 nella categoria "Miglior album italiano": è possibile votare qua.
Qua invece le candidature per i migliori live.
Perdersi sì, ma con criterio e pure con una certa dose di tranquillità. Alessandro Fiori nel suo bosco si è voluto smarrire di proposito, facendone un necessario banco di prova per la propria crescita personale. Un luogo fitto di segnali come di naturale sospensione in cui sono state messe in discussione convinzioni e prospettive, analizzato tra toni fiabeschi e frammenti di quotidiana umanità nel nuovo “Mi Sono Perso Nel Bosco”, con due punti cardinali ben precisi: Luigi Tenco e i Flaming Lips.
Il sogno di un sogno
Il poliedrico cantautore toscano ha così intrecciato le riflessioni di una vita piena di rimescolamenti in un album nato quasi interamente al pianoforte, ricco di suggestioni e altrettanto denso di traiettorie, unite dal filo rosso dei sentimenti. In bilico tra una dimensione onirica e una decisamente più concreta, nelle dodici tracce di cui si compone il disco si tasta il terreno di un ambiente privo di punti di riferimento precisi, seguendo in questo percorso dai confini un po' sfocati la bussola offerta da amici e colleghi.
Ad accompagnare Alessandro nel suo cammino, infatti, c'è la sua compagna di vita, che in questo viaggio incarna sia Dante che Beatrice, ma anche artisti provenienti da realtà differenti, quali Dente e Iosonouncane, impegnati rispettivamente nei cori e nei sintetizzatori di “Troppo silenzio”, Enrico Gabrielli e Colapesce su sax e strofe di “Amami meglio”, Brunori Sas alla voce nell'ordinaria routine di “Io e te”, fino al fermo diniego di Levante in un botta e risposta tra due ex che cercano di andare avanti, ognuno a proprio modo, nella grottesca vicenda di “Fermo accanto a te”.
Tra cronache personali e tragedie collettive, girotondi malinconici e atmosfere carezzevoli si passa quindi dall’amore colmo di sconquassi di “Una sera” e i resoconti nostalgici di “Estate”, fino alla normalizzazione dell’orrore narrata in “Pigi pigi”, la prima canzone che Fiori interpreta in un suo disco senza averla scritta, in grado di aprire un varco sul dramma vissuto dai migranti del Mediterraneo con un carico di pesantissima realtà che bussa prepotentemente con tutto il suo cinismo. Ancora, la dimensione eterea ritorna quindi in chiusura, con la citata “Troppo silenzio”, prendendo spunto da Calderón de la Barca per dichiarare che in fondo la vita è il sogno di un sogno. Le strofe che aprono il brano sono cantate in dialetto sorsese del nord ovest della Sardegna e raccontano la richiesta di conforto alla nonna di un Alessandro bambino per scacciare via ciò che non lo avrebbe fatto riposare bene.
Scacciare il silenzio
C’è una scrittura molto classica in “Mi Sono Perso Nel Bosco”, forse per reazione al precedente lavoro, “Plancton”, che quasi destrutturava la forma canzone. Eppure, allo stesso tempo, le tracce oltre che fortemente connesse alla nostra grande tradizione cantautorale virano al tempo stesso anche su un mondo più turbinoso e psichedelico cui Giovanni Ferrario (già in cabina di regia con PJ Harvey, Scisma e molti altri ancora) e Alessandro “Asso” Stefana (storico sodale di Vinicio Capossela), ai quali è stata affidata la produzione artistica, sono riusciti a dare sostanza.
Ci si risveglia quindi di soprassalto al termine del flusso di pensieri e sentimenti levati in mezzo alle foschie di “Mi Sono Perso Nel Bosco”. Eppure, oscuro, misterioso, immaginario o reale che sia, questo bosco rappresenta un punto di passaggio obbligato del nostro vivere. Che sia per andare avanti, indietro o anche in diagonale non c'è altro da fare che attraversarlo. E alla fine, qualunque sia la direzione da seguire, ci vuole sempre una bella dose di coraggio.